Cultura23 aprile 2019 14:33

Dedicato alla Giornata Mondiale del Libro

Non esistono forse giorni della nostra infanzia che abbiamo vissuti tanto pienamente come quelli che abbiamo creduto di aver trascorsi senza vivere, in compagnia d’un libro prediletto

Dedicato alla Giornata Mondiale del Libro

Nessun vascello c’è che, come i libri, possa portarci in contrade lontane…

E. Dickinson.

Non leggete, come i bambini, per divertirvi, o come gli ambiziosi, per istruirvi. No, leggete per vivere…

G. Flaubert

Concediamoci una pausa da poeti, scrittori e filosofi e andiamo a sbirciare, con occhio non malevolo ma bonariamente critico, tra le abitudini dei nostri connazionali in ferie, e specialmente dei loro figli. Prendiamo spunto da un episodio accaduto in una delle tante piscine affollate della nostra penisola. Un bimbo pressappoco sui sei anni e sua madre stanno leggendo le avventure di Ulisse in un’edizione illustrata per ragazzi, la madre legge lentamente, spiega al figlio incuriosito e attento le parole difficili che si incontrano nel testo. A un certo punto un vicino di ombrellone sulla sessantina li interrompe: - Scusi signora, sto guardando lei e il suo bambino da un po’, volevo farle i complimenti- . Lei, stupita, e forse immaginando con fastidio che si tratti di un “abbordaggio” estivo, chiede sostenuta: - Mi perdoni, non capisco, i complimenti per cosa? - . Il signore, gentilmente, spiega: - È così raro vedere una madre che ha voglia e pazienza di leggere un libro al proprio figlio, e che lui ascolti rapito la storia... Mi fa piacere constatare che esiste ancora qualcuno che dedica del tempo alla lettura - . La signora a quel punto si rilassa, sorride, e i due iniziano una conversazione sui figli e sul fatto che, in effetti, è sempre più strano vedere un bambino o un ragazzo con un libro in mano. Che dite, hanno ragione, e se sì, perché?

Quanti dei bambini italiani in vacanza, e sottolineiamo italiani, fra i sei (ma, tristemente, anche meno) e i dodici - tredici anni, sotto l’ombrellone o al fresco di un bosco di montagna, sfogliano un libro o chiedono ai genitori di leggere loro una storia? Speriamo più di quel che sembra a giudicare dalle apparenze.

E dunque, quando non sono impegnati in qualche attività fisica o nel sorbire gelati e granite, cosa fanno i bambini-ragazzini italiani? La maggior parte di loro, in ferie come a casa, guarda la televisione o gioca, anche in spiaggia o di fronte a panorami incantevoli, con il cellulare, il tablet e i tanti giochini elettronici che sono i primi nelle liste dei regali di Natale. Ebbene sì, pare che fra i ragazzini i libri non siano proprio più di moda.

Uno strumento che consente loro di viaggiare con la fantasia, di arricchire il proprio lessico, di appassionarsi a una storia che può tenere compagnia nei momenti vuoti (che sono sempre meno, perché anche in vacanza si tende a riempire le giornate dei ragazzi con mille attività, sicuramente divertenti ma dispersive e spesso anche stancanti, che non consentono alla mente di riposarsi e prendersi qualche sano spazio di solitudine), il libro, insomma, sta quasi scomparendo dalle mani dei ragazzi in età scolare.

Non sanno, perché prima di tutto non lo sanno i loro genitori, drogati dai telecomandi al punto da leggere sempre meno, producendo quella che Camilla Cederna definiva «asfissia morale», che «ogni libro è un capitale che silenziosamente ci dorme accanto, ma che produce interessi incalcolabili»… Ma questo è il pensiero di Goethe, e chiunque di loro lo ascoltasse lo definirebbe quanto meno antiquato, fuori moda appunto.

E non parliamo degli adolescenti, che ormai passano le giornate su facebook (e gli effetti di questo fenomeno sono ormai noti a tutti, con conseguenze spesso anche gravi), o con il cellulare in mano per mandare messaggi agli amici (ma se gli amici sono lì con loro, con chi chattano così ossessivamente? Mistero!), ma proprio dei bambini e dei ragazzi più giovani. Da sempre ascoltare le storie narrate dai genitori o dai nonni ha fatto parte della cultura orale di ogni popolo, e così si tramandavano leggende, vicende fantastiche, che incantavano generazioni di bambini i quali, da grandi, le narravano a loro volta ai propri figli, nipoti, amici. Quando televisione e playstation non esistevano non era certo raro vedere un ragazzino leggere un libro, e senz’altro molti di noi ricorderanno, con Proust, le ore trascorse leggendo, e più indietro ancora nel tempo quelle in cui un genitore ci leggeva una favola prima di addormentarci.

Non esistono forse giorni della nostra infanzia che abbiamo vissuti tanto pienamente come quelli che abbiamo creduto di aver trascorsi senza vivere, in compagnia d’un libro prediletto.

Tutto quel che (a quanto ci sembrava) li riempiva per gli altri, e che noi scartavamo come ostacoli volgari a un piacere divino, il gioco per il quale un amico veniva a cercarci nel punto più interessante; l’ape o il raggio di sole che ci davano fastidio, costringendoci ad alzar gli occhi dalla pagina o a cambiar di posto; le provviste che ci erano state date per l’ora di merenda e che lasciavamo accanto a noi sul sedile, senza toccarle, mentre, sopra il nostro capo, il sole diminuiva di forza nel cielo azzurro; il pranzo che ci aveva obbligati a rientrare e durante il quale pensavamo solo a salire subito dopo, in camera, a terminare il capitolo interrotto, tutto questo, di cui la lettura avrebbe dovuto farci sentire soltanto l’importunità, ne imprimeva invece in noi un ricordo talmente dolce (e, pel nostro giudizio attuale, più prezioso di quel che leggevamo allora con amore) che, ancor oggi, se ci capita di sfogliare quei libri di un tempo, li guardiamo come se fossero i soli calendari da noi conservati dei giorni che furono, e con la speranza di veder riflesse nelle loro pagine le dimore e gli stagni che più non esistono. (M. Proust).

Adesso questo non accade quasi più, al punto che il signore della piscina si complimenta con una madre che, dal canto suo, crede di fare una cosa assolutamente naturale, ma che naturale non è più. Naturale è diventato l’artificiale, le amicizie e gli amori virtuali e, per i bambini, le emozioni veloci, immediate e facili, che non richiedono riflessione e non ne sviluppano (e non lasciano alcuna traccia), delle immagini di un cartone animato (sempre più violenti e pieni di messaggi a dir poco fuorvianti), o di un video gioco. Senza contare che, al di là dell’incredibile perdita culturale e morale che la mancanza della lettura produce, nonché della difficoltà dei ragazzi di tollerare momenti di silenzio, solitudine, anche di noia, poiché questi vengono repentinamente riempiti da suoni, attività, hobby volti a tenere occupata la mente e distrarla dal quotidiano, i bambini che guardano tanta tv e giocano tutto il giorno con la play non sono più capaci di fare dei giochi insieme. Abituati a “battaglie solitarie” davanti a uno schermo, sono spesso aggressivi con i compagni, non tollerano di perdere, non sanno organizzarsi per una partita a calcio o a pallavolo sulla spiaggia o al parco, necessitano sempre della presenza di un adulto per mettere insieme una qualsiasi attività di squadra. Potranno sembrare discorsi nostalgici e un po’ retorici, ma aiutiamo i bambini e i ragazzi a (ri)scoprire il piacere della lettura e dei giochi “semplici”, raccontiamo loro i nostri sogni e le favole lette o ascoltate da bambini, e leggiamo loro un buon libro. Queste sono esperienze e vissuti che non hanno prezzo né tempo, di cui senz’altro si ricorderanno tutta la vita e di cui, scommettiamo, un giorno ci ringrazieranno. Perché «il tempo per leggere, come il tempo per amare, dilata il tempo per vivere» (Pennac).

 

Chiara Pasetti


Questo articolo era uscito anni fa, in una versione leggermente diversa, sulle pagine del “Corriere di Novara” dove curavo una mia rubrica mensile, poi soppressa per “motivi di spazio”. Grazie a La Nuova Savona per averlo ripubblicato, senza “censure”…

Chiara Pasetti

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