In un Paese che sembra ormai decotto, assillato da problemi numerosi e gravi di cui non sa o non vuole occuparsi, a ragionar con la calcolatrice che immeritatamente ci è stata data in dotazione è rimasto solo chi lo fa da sempre: il capitale.
Si muore soffocati dall’inquinamento più di prima e non meno: eppure negli anni Duemila disponiamo di mezzi e conoscenze per salvare il Pianeta dalla distruzione verso cui si sta avviando.
Una percentuale spaventosa di cittadini non si cura più perché ormai anche per quello bisogna avere i soldi.
Mancano medici e infermieri in ospedali in cui si boccheggia a quaranta gradi.
I ponti crollano, i treni deragliano, gli autobus prendono fuoco o perdono le gomme per strada.
Manca tutto ciò che è pubblico, sostituito da un privato a pagamento per chi può permetterselo.
I giovani se vogliono un lavoro devono metter in valigia i loro portatili e le loro speranze e andare a cercar fortuna.
Poi, per distrarre un popolo ridotto a suddito, che già non brilla per attenzione e impegno civile, arriva su un piatto d’argento l’ennesima battaglia sulla pelle degli ultimi.
Che è sempre stata nera, da che mondo è mondo.
Se un Paese così resta bloccato per giorni e giorni a parlar di una nave con quaranta poveracci sopra, la ragione non può che essere che così conviene a qualcuno.
Non certo ai cittadini, che restano privi dei servizi di base, di salute, di lavoro, di prospettive.