News29 ottobre 2019 07:46

Donne maltrattate: la prima indagine sui Centri antiviolenza

Primo report Istat sui 281 Centri antiviolenza che svolgono attività a sostegno delle donne maltrattate e dei loro figli: più di 40mila donne accolte nel 2017, ma il numero dei centri non è ancora sufficiente rispetto alla Legge 77 / 2013, che individua come obiettivo quello di avere un Centro antiviolenza ogni diecimila abitanti

Donne maltrattate: la prima indagine sui Centri antiviolenza

Dallo studio dell’Istat emerge che nel 2017 si sono rivolte ai Centri antiviolenza 43.467 donne (15,5 ogni 10mila donne).

Una buona percentuale di esse, il 67,2%, ha iniziato un percorso di uscita dalla violenza (10,7 ogni 10mila). 

Tra le donne che hanno iniziato tale percorso, il 63,7% ha figli, minorenni nel 72,8% dei casi. 

Le donne straniere costituiscono il 27% di quelle prese in carico.

Ogni Centro ha accolto in media 172 donne (il 25,7% dei Centri ha avuto un’utenza inferiore a 40 donne, il 6,7% superiore a 500) e lavora con un numero medio di 115 donne che hanno iniziato un percorso di uscita dalla violenza. 

La variabilità territoriale è elevatissima: 22,5 per 10mila le donne accolte dai Centri del Nord-est, 18,8 per 10mila nel Centro. 

Tassi di accoglienza più elevati si riscontrano in Emilia Romagna, Sardegna, Friuli Venezia Giulia, Provincia Autonoma di Bolzano, Abruzzo, Toscana e Umbria. 

Anche per le donne che hanno iniziato un percorso di uscita dalla violenza, il Nord-est presenta tassi più elevati (16,6 contro 10,7 per 10mila donne della media nazionale). 

La capacità di supportare le donne dipende poi molto dal radicamento sul territorio dei Centri antiviolenza: in quelli aperti di recente si recano meno donne rispetto a quelli aperti da più tempo.   

Le modalità per entrare in contatto con i centri sono di vario tipo: il 95,3% dei Centri mette a disposizione il numero telefonico 1522, che accoglie le richieste di aiuto e sostegno delle vittime di violenza e stalking, il 97,6% dei Centri garantisce una reperibilità h24. 

Altra possibilità è recarsi presso i singoli Centri, aperti mediamente 5 giorni a settimana per circa 7 ore al giorno. 

L’89,7% dei Centri è aperto 5 o più giorni a settimana.

I servizi offerti sono molteplici, dall’accoglienza (99,6%) al supporto psicologico (94,9%), dal supporto legale (96,8%) all’accompagnamento nel percorso verso l’autonomia abitativa (58,1%) e lavorativa (79,1%) e in generale verso l’autonomia (82,6%). 

Meno diffusi, il servizio di sostegno alla genitorialità (62,5%), quello di supporto ai figli minori (49,8%) e quello di mediazione linguistica (48,6%). 

L’82,2% dei Centri effettua la valutazione del rischio di recidiva della violenza sulla donna.

Per gestire le situazioni di emergenza l’85,8% dei Centri antiviolenza è collegato con una casa rifugio.

I Centri antiviolenza hanno profili organizzativi diversi sul territorio. Per erogare i servizi, il 68,5% lavora in collaborazione con le reti territoriali antiviolenza. 

Laddove la rete non esiste, i Centri hanno comunque siglato protocolli bilaterali con i soggetti che si occupano di violenza contro le donne (75,9% dei casi dove non esiste una rete).

I centri antiviolenza si reggono in buona parte sul volontariato: delle 4.403 professioniste che operano in queste strutture, 1.933 (il 43,9%) sono retribuite mentre 2.470 (il 56,1%) risultano impegnate esclusivamente in forma volontaria

Numerose sono le figure professionali di cui i Centri si avvalgono: operatrici di accoglienza (89,3%), psicologhe (91,7%), avvocate (94,1%), educatrici (50,2%). Scarsa invece la presenza di mediatrici culturali (28,9%). 

La maggiore quota di volontarie si riscontra tra le operatrici e le avvocate. 

La formazione è uno degli aspetti qualificanti dei Centri antiviolenza: più di nove su dieci hanno svolto una formazione obbligatoria per le operatrici sulla tematica di genere. Tra i temi specifici affrontati i più frequenti sono la Convenzione di Istanbul (81,2% dei Centri ha offerto corsi sul tema), i diritti umani delle donne (64%), l’accoglienza delle donne migranti (51,3%). Minore invece la quota di Centri che hanno trattato l’accoglienza delle donne con disabilità nei loro corsi (15,2%). 

Oltre a farsi carico delle donne vittime di violenza, i Centri svolgono attività di informazione e prevenzione all’esterno. Nel 2017, l’81% dei centri ha organizzato formazione all’esterno, soprattutto verso gli operatori sociali e sanitari, ma anche verso le forze dell’ordine e gli avvocati, e il 91,7% ha svolto attività d’informazione presso le scuole.

I Centri antiviolenza, in Italia, non sono ancora in numero sufficiente: la legge di ratifica della Convenzione di Istanbul del 2013 (Legge 27 giugno 2013, n. 77) individua infatti come obiettivo quello di avere un Centro antiviolenza ogni diecimila abitanti. 

Al 31 dicembre 2017 sono attivi nel nostro Paese 281 Centri antiviolenza, rispondenti ai requisiti dell’Intesa del 2014, pari a 0,05 centri per 10mila abitanti. 

Quelli che hanno partecipato alla rilevazione sono 253, i restanti 28 non hanno risposto all’indagine. Ci sono inoltre 106 Centri e servizi antiviolenza che non aderiscono all’Intesa Stato-Regioni.

Considerando invece il dato calcolato sulle vittime che hanno subito violenza fisica o sessuale negli ultimi 5 anni, l’indicatore di copertura dei centri su 10mila vittime è pari a 1,0, con un minimo nel Lazio (0,2) e un massimo in Valle d’Aosta (2,3).

La maggior parte dei Centri antiviolenza ha un territorio di competenza intercomunale o provinciale; fanno eccezione le regioni piccole (Valle d’Aosta, Molise, Basilicata) e la Calabria dove l’attività si estende all’intera regione.

LNS

Ti potrebbero interessare anche: