News29 marzo 2020 12:24

Le mafie dell'emergenza

"Subito 4,3 miliardi ai Comuni e 400 milioni per aiuti a cittadini in difficoltà. Si chiamerà Rem: 6 miliardi per aumentare i 600 euro agli autonomi ed estenderli ai sommersi." Gualtieri: "Non è un reddito di cittadinanza bis". Questa la notizia dell'ultim'ora

Le mafie dell'emergenza


Di fronte al pericolo di forti insorgenze sociali che potrebbero verificarsi in particolare al Sud, il Governo cerca di provvedere con una frettolosa gestione dell’emergenza sopperendo alla gravità della crisi in atto con provvedimenti – tampone basati sull’elargizione di sussidi precari come sono precarie le vite di coloro cui sono rivolte le provvidenze.

In questo momento di estrema difficoltà, si può ricordare solo di passaggio come stiano venendo a galla tutte le storture di un sistema economico fondato in larga parte sulla precarietà, il sommerso, il lavoro nero, la gestione di parti del Paese da parte della criminalità organizzata che gestisce lo sfruttamento intensivo non soltanto dei migranti ma di parti significative delle attività produttive e di servizio.

Alcune annotazioni sullo specifico della gestione dell’emergenza però si possono sicuramente affermare:

1) In questo momento accanto all’opera di chi è impegnato direttamente sul fronte sanitario, appare fondamentale la presenza dei corpi intermedi rappresentati dal Sindacato, dalle associazioni datoriali e di categoria con la loro rete di Patronati. I patronati sono stati duramente attaccati nel corso degli anni quando si era tentato di portare avanti un processo di “disintermediazione” che ne ha sicuramente ridotto la capacità di iniziativa. E’ questo un punto su cui riflettere, così come ci sarebbe da ragionare sul ruolo del terzo settore, in particolare delle cooperative sociali. L’esistenza di una rete di sostegno e di indirizzo per i cittadini attorno ai temi più nevralgici dell’assistenza sociale appare fattore indispensabile non soltanto nei momenti di emergenza;

2) Sempre nel corso degli ultimi anni si è agito con furia iconoclasta anche sul piano del decentramento istituzionale. Soltanto per fare alcuni esempi:tagliati i fondi da ogni parte i Comuni hanno dovuto ridurre personale e capacità d’intervento nei servizi sociali; in buona parte del Paese sono state abolite le circoscrizioni punto di riferimento e termometro per i bisogni della popolazione (mentre nelle grandi città i Municipi hanno sempre più assunto una funzione burocratica); le Province hanno cessato l’indispensabile funzione di coordinamento che avrebbero dovuto esercitare nel sistema degli Enti Locali; sono state ridotte di numero e in molte situazioni abolite le comunità montane che adesso si sarebbero rivelate preziosi strumenti d’ausilio;

3) Nell’emergenza, almeno per quel che riguarda il ruolo dei Comuni nell’elargizione dei soccorsi andrebbe privilegiato il valore d’uso rispetto a quello di scambio. Si parla di “buoni spesa”, ancor meglio sarebbe l’acquisto di merce da parte dei Comuni e la distribuzione a loro cura. Non si eviterebbero sicuramente storture che ci saranno, ma la circolazione di denaro e /o di buoni spesa porterebbe comunque alla nascita di un mercato parallelo, augurandoci che non sorgano situazioni di vera e propria “borsa nera” tenuto anche conto della questione di “governo criminale” cui si è già fatto cenno.

Insomma, in vista di un possibile “dopo” ci sarà molto da pensare al riguardo del ruolo delle istituzioni non tanto e non solo nella straordinarietà ma per una necessaria ricostruzione di un welfare universalistico in un quadro generale di redistribuzione e di riduzione delle disuguaglianze e di rinnovato rapporto fra i corpi intermedi, le istituzioni e i bisogni primari.

Franco Astengo

Ti potrebbero interessare anche: