Cultura04 aprile 2020 06:49

Fake News

I 77 medici morti non sono né eroi né masochisti, ma professionisti non tutelati. Lo stato ha dichiarato, non oggi, ma negli ultimi decenni, la caduta del patto sociale, motivo per il quale un cittadino sacrifica parte del proprio narcisismo per un bene più prezioso, il bene collettivo (di Armando Ciriello, Psichiatra)

metropolitanmagazine.it

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Lo storico Marc Bloch specificò nel suo libro La Guerra e le false notizie che “una falsa notizia è solo apparentemente fortuita, o meglio, tutto ciò che vi è di fortuito è l’incidente iniziale che fa scattare l’immaginazione; ma questo procedimento ha luogo solo perché le immaginazioni sono già preparate e in silenzioso fermento”.

In questi giorni si assiste all’impietoso dibattito da parte di giornalisti, politici, autorità, all’interno di Talk-Show televisivi infinitamente noiosi, sulla necessità di appurare le notizie, cercando di distinguere il vero dal falso. Il tutto avviene con il tono dell’indignazione da parte di un socialismo antropomorfico che elicita il pensiero dell’Uomo, la cui radice semantica è riconducibile “all’ anathron ha opope”, che significa colui che riesamina ciò che ha visto

Mai come oggi sembra più attuale “Il Cratilo” di Platone, dove i personaggi, Cratilo ed Ermogene, discutono sapientemente su come si possa appurare il vero dal falso, a partire dai nomi. Non è una disquisizione filosofica e linguistica, ma riguarda il rapporto tra l’ontologico e l’epistemico, ossia un rapporto tra verità e realtà: come la verità, che si traduce in un discorso linguistico (Logos), si debba poter attenere ad un Come, una condizione umana caratterizzata dall’oscillazione tra sostanzialismo e convenzione sociale.

Socrate riteneva che il nome non fosse solo un dato concreto e variabile, in senso eracliteo, ma che fosse il rappresentante di una significazione sostanziale; per Aristotele, invece le cose e le immagini sono universalmente trascendentali, mentre le espressioni foniche, le parole, sono soggettive.

Tale riquadro filosofico e linguistico fa da premessa ad alcuni concetti in cui il discernimento del vero e del falso non può essere inteso come un esercizio assoluto, pena la caduta in ideologie fanatiche. 

La citazione di Marc Bloch presuppone che non vi siano manipolazioni fatte ad hoc e proposte coscientemente per orientare l’opinione pubblica, perché, in tal caso, si tratterebbe di un vecchio reato depenalizzato: il Plagio.

Ma lo scrittore si rifà ad un implicito culturale che può fornire un substrato su cui s’innesca il procedimento della falsità fino alle sue estreme conseguenze. Un tempo in psicopatologia era noto che gli schizofrenici fossero dei “puri”, cioè incapaci di mentire, benché le loro paramnesie deliranti mostrassero costruzioni assolutamente fuori dal Common Sens.

Eppure in ogni discorso schizofrenico c’è un fondo di verità negata.

La fabbrica delle Fake News ha bisogno di un terreno di “cultura”, e non di coltura, essendo per sua natura composta non da microrganismi, ma da falsificazioni, che devono essere incubate e poi sguinzagliate iperbolicamente alla velocità dei Social, quasi quanto il Covid-19.

Ritengo criminoso l’atto della costruzione e circolazione di informazioni costruite ed elaborate ad hoc, ma non meno irresponsabile la costruzione di un sociale che fa da terreno d’incubazione per il loro sviluppo e la loro libera circolazione.

 Cercherò di approfondire quali siano i collegamenti tra i fenomeni doxici-ideologici e le false notizie.  

 Ritengo che queste ultime facciano parte di una comunicazione distorta, e rientrino in fenomeni di massa non solo appannaggio dei Social, ma di una socialità che silenziosamente orienta, inganna confor-mistica-mente e distilla nella popolazione  credenze, gradimenti e vantaggi a favore di chi ha e detiene, o vuole rinforzare posizioni ideologiche, o addirittura ottenere consenso tra i cittadini.

Condivido pienamente le parole dello scrittore Marc Bloch quando dice che le immaginazioni sono già preparate e in silenzioso fermento affinché il procedimento abbia luogo. 

La dis-criminazione del vero dal falso è un tema di natura filosofica, e porta alla mia mente la memoria di letture giovanili quali i “Dialoghi Platonici”, il “Cratilo”, il  “Menone”, il “Teteeto”, in cui la complessità del discernimento è sottoposta alla metodologia della confutazione, affinché l’arte maieutica della levatrice possa lasciar venire alla luce la Verità.

Oggi è improponibile una riflessione ponderata, pensata, e condivisa pubblicamente: basti pensare come il servizio pubblico e privato mass-mediatico, per lo più, si serva di “urlatori televisivi” sostenuti da credenze e profitti di agenzie, tali da spersonalizzare quella radice umana, che, a differenza degli animali, dovrebbe costituirci come quelli che riesaminano ciò che hanno visto! Viviamo invece in una sorta di massiccia tele-dipendenza della morte, che viene resa all’opinione pubblica come fatto di cronaca, come una sorta di “guerra in diretta”, che molto ricorda le manipolazioni televisive della guerra in Kuwait, con l’unico scopo di produrre una tolleranza e una desensibilizzazione innanzi alla fine della nostra vita. Essa diventa oggi una questione legata a se una persona è morta per Covid o con il Covid, perdendo totalmente di vista i limiti, i confini della nostra esistenza. 

Mai come oggi siamo affetti da gravi disturbi della percezione della realtà.

Ritengo che la socialità odierna da almeno mezzo secolo, a partire dal 68’ in poi, sia entrata in una iperbolica discesa, una caduta dei valori sociali, culturali, politici, meritocratici, implementando quello che un grande filosofo ed etnologo, Ernesto de Martino, già nel 1965 segnalava  in un celebre libro, che non poté pubblicare per la sua incipiente dipartita: “La Fine del Mondo – Contributo all’analisi delle apocalissi culturali”.  In questo testo viene segnalata l’urgenza di una trasformazione del nostro costume ed orientamento culturale, quello di percepire l’altrui esistenza attraverso la presunta superiorità “Etnocentrica”,  verso una evoluzione “Critica” che rendesse possibile un passaggio storico: dal confronto delle culture alla cultura del confronto.

Monito rimasto inascoltato, e nessuno di noi può non riconoscere la reale e cocente denuncia di De Martino a distanza di 55 anni dalla  sua morte.

L’Asia, l’Africa, i paesi che abbiamo ritenuto essere inferiori alle nostre tecnologie e capacità di controllo onnipotente, per varie ragioni hanno determinato una crisi dell’Occidente che solo la Seconda Guerra Mondiale è stata capace di produrre. Certo, la pandemia del Covid-19  non ha avuto precedenti a causa della nostra cecità intellettuale, cosi come il cambiamento climatico, e sarà un evento le cui conseguenze potranno decretare un’estinzione di quell’essere che è “colui che riesamina ciò che ha visto!”.

Nonostante siano stati registrati nell’ultimo ventennio fenomeni epidemici rilevanti, legati prima alla Sars-Cov (2002), alla Mers-Cov (2012) e all’Influenza Aviaria, il mondo scientifico pare aver sottovalutato il rischio connesso ad ulteriori manifestazioni pandemiche. Non solo non si è fatto nulla per fronteggiare tali evenienze, ma addirittura l’OMS e tutto il mondo sanitario occidentale è stato impoverito di strumenti, risorse e possibili presidi operativi di verifica, in termini di Prevenzione. Non si tratta dunque di una guerra batteriologica di tipo complottistico, ma di una nostra cecità assoluta sulla fragilità umana e sulle vere necessità che dovrebbero essere affrontate, sempre che lo scotoma di un sistema post-consumistico feudatario mondiale possa essere non più considerato Il paradigma economico e sociale di cui abbiamo bisogno per vivere.

Passando dalle pandemie ai fenomeni storici, quante verità attendono da oltre 70 anni di essere finalmente resi fatti pubblici? L’assassinio di J. Kennedy, Moro, magistrati come Falcone e Borsellino, e mille altri che hanno offerto la loro vita per causa di servizio. Già, per causa di Servizio offrono la loro vita… Su questo la Psicoanalisi sostiene che si tratta di un disturbo legato al Masochismo Morale, ben curabile con una cura adeguata. Beh, i fatti di oggi ci dicono il contrario: i 77 medici morti non sono né eroi e né masochisti, ma professionisti non tutelati. Lo stato ha dichiarato, non oggi, ma negli ultimi decenni, la caduta del patto sociale, motivo per il quale un cittadino sacrifica parte del proprio narcisismo per un bene più prezioso, il bene collettivo.  René Kaes in Istituzione e Istituzioni ha segnalato come il funzionamento sociale è basato sul patto denegativo, il cui venir meno può rendere plausibile lo sgretolamento dello spirito di coesione del gruppo, del popolo, di uno Stato.

Ritorno a Socrate, dall’apologia che ne fa Platone, potremmo dire che anche egli è morto per causa di servizio. Certo, se avesse accettato e dichiarato la propria empietà avrebbe avuta salva la vita. Ma la verità sarebbe stata per sempre condannata al silenzio.

Speriamo che i tanti sacrifici, di cui la storia ci dà testimonianza, di persone famose, ma anche di tutti quelli che non lo sono stati, ma che silenziosamente hanno dato prova del proprio senso civico, rendano possibile che il prezzo pagato oggi sia non un debito con la  Comunità Europea, tra l’altro mai esistita se non come organismo mercenario-affaristico per i più abbienti,  ma un “credito” con le nostre classi dirigenti, che hanno trasformato la Sanità Italiana da una “fuoriserie”, una Ferrari, ad un’auto d’epoca il cui telaio è stato impoverito nel corso degli anni: prima è stato privato di tappezzeria, poi degli specchietti retrovisori, certo il motore è rimasto eccezionale, ma senza albero di trasmissione…

 Grazie a tutti coloro che hanno dato prova e testimonianza di volere riesaminare ciò che hanno visto, unica strada per scongiurare la falsità! 

Armando Ciriello

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