Lettere alla Nuova25 maggio 2020 07:18

Savona, la città delle finestre rotte

Una Lettrice ci scrive: "Negli ultimi anni fare una passeggiata per Savona mi intristiva talmente che spesso preferivo rimanere a casa"

Savona, la città delle finestre rotte

 

Il motivo della mia rinuncia era dovuto al pietoso spettacolo della città nella quale ho scelto di rimanere a vivere dopo l’università: strade sporche e maleodoranti, erbacce e cartacce ai lati dei marciapiedi, scarsa illuminazione serale, panchine divelte, bidoni dell’immondizia rigurgitanti un mare di rifiuti, spiagge libere disseminate di pezzi di plastica. Secondo la teoria sociologica della ‘finestra rotta’ un ambiente urbano degradato genera una spirale di incuria nella quale sembra che la nostra città sia ormai scivolata da tempo. 

Durante la quarantena imposta dalla pandemia, le strade deserte ricordavano ancor più una periferia abbandonata su cui aleggia una grigia desolazione. Lo scorrere delle ore e dei giorni era scandito dal ronzare nervoso degli elicotteri e dalla crescita incessante delle erbacce e dei rifiuti in ogni angolo. E la teoria della ‘finestra rotta’ avanzava, inesorabile.

Nonostante l’ambiente urbano limaccioso, il morale dei savonesi non ne ha risentito, si sono comportati da volenterosi scolaretti, cercando di districarsi nel ginepraio dei DPCM del governo centrale;  leggendo il diluvio di ordinanze regionali;  nuotando nel pantano delle ordinanze comunali (neanche a dirlo tutte perennemente discordanti). 

Dopo due mesi abbondanti di clausura - che forse tanti di noi ricorderanno come il periodo più triste e disorientante della loro vita - ; dopo giorni tutti uguali e interminabili, ecco che la sindaca, da sadica maestrina, vieta l’accesso alle spiagge. 

E perché mai? Un luogo spazioso e ventilato che garantisce il rispetto delle distanze sociali, l’esercizio fisico e l’effetto benefico psico-fisico dell’elioterapia, viene interdetto. I savonesi, sguardo triste e rassegnato, si vedono costretti a camminare sul lungomare, soffocati dalle mascherine, accalcati su marciapiedi dissestati e su cui rotolano manciate di guanti di plastica –finiranno tutti in mare?!-, tra le palme mozzate e mai ripiantumate, tra le ‘fioriere’ in cui rimangono solo la terra ed i mozziconi. Cammino, affranta, e osservo la spiaggia: vuota, spaziosa, incontaminata (anche se sporca…pure quella!). 

 

Alice Mariano

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