Cultura13 giugno 2020 12:51

Senza traccia

Lettera ai maturandi del 2020 (di Chiara Pasetti)

Senza traccia

Ho inaugurato la mia rubrica del sabato (che ancora non ha un nome, forse dovrei trovarglielo!) otto settimane fa. Confesso che non so come siano potute trascorrere tanto velocemente. Segno che non mi sono annoiata, questo è certo! In questi due mesi, tra le altre cose, ho scritto della festa della Liberazione, della festa dei Lavoratori e della festa della Mamma. Mi sono capitate un po’ di feste… Oggi non c’è nulla da festeggiare e sento invece il dovere di occuparmi di chi ha “la febbre del sabato sera” (non danzante, immagino!) e dell’ultimo fine settimana prima degli esami: i maturandi. Sento di volerlo fare da mamma di un adolescente che tra tre anni sarà come loro, da insegnante ma prima di tutto da persona che ha, come quasi tutti noi, sostenuto l’esame di maturità, ormai nel lontano 1994 (qui ci starebbe l’emoticon dell’urlo!). Sono certa di averlo affrontato con le stesse ansie, paure, speranze dei ragazzi che il 17 giugno inizieranno la prova orale. Come ogni evento importante della vita, e l’esame di maturità nel bene e nel male lo è, porta con sé aspettative e dubbi, attese e delusioni. Quest’anno inoltre è un esame eccezionale, in tutti i sensi. Dal momento che mi sento molto vicina ai tanti studenti italiani che lunedì 15 sapranno quando dovranno sostenere il colloquio, ho deciso di scrivere loro una lettera, piuttosto che analizzare come avrebbe potuto essere questo esame e non è stato, e ciò che io per prima avrei voluto per loro e non sarà. Se avranno voglia e tempo di leggermi, queste righe sono tutte per loro.

***

Cari studenti,

cercherò di non essere “barocca” come talvolta mi capita, o retorica come in genere spero di non essere. Andrò un po’ a braccio, o senza traccia, perché le cose da dirvi sono tante. Per un attimo farò finta di avere la vostra età e di immaginare come state vivendo questi ultimi giorni che vi separano dall’inizio del vostro esame di maturità. Non mi è difficile, a dire il vero, calarmi nei vostri panni, perché nonostante abbia già sostenuto molti anni fa l’esame vengo spesso, affettuosamente ma non sempre, rimproverata di non essere poi tanto “matura”. C’è del vero, anche se sono un’adulta, perché mi capita non di rado non solo di sentirmi ancora una ragazza come voi ma anche di assumere atteggiamenti ed esprimere emozioni nel modo impetuoso e irrazionale tipico dei vostri anni, quando i miei pensieri erano quasi esclusivamente la scuola, gli amici, gli amori e la scelta del mio futuro. Devo dire subito che vi ammiro molto. Alla vostra età, dopo tre mesi di didattica a distanza ma soprattutto di un’emergenza sanitaria come quella che ha colpito tutto il mondo, io sarei stata molto più in crisi di quanto voi non mi pare che siate. Ho avuto modo di confrontarmi con tanti studenti in questi mesi e ho trovato in tutti una capacità di adattamento alla drammatica situazione in atto, di collaborazione con compagni e docenti, di resilienza, di accettazione che forse io non avrei avuto a diciotto anni. Da marzo in poi, i mesi conclusivi dell’anno scolastico e per voi del vostro ciclo di studi, avete dovuto rinunciare a tutto ciò che caratterizza la vita di uno studente. Non avete più potuto fare lezione in classe, condividere idee, pensieri, paure con amici e insegnanti se non attraverso uno schermo, dedicarvi a vostri sport e hobby, che avrebbero alleviato anche lo stress, e uscire con il fidanzato/a o il gruppo di amici. Io sarei impazzita, al posto vostro! Alcuni di voi, lo so, hanno sofferto di solitudine, attacchi d’ansia, insonnia e altro a causa del lockdown, anche perché credo che in generale vi siate sentiti abbandonati da chi avrebbe dovuto invece tutelarvi. E non parlo certo dei vostri insegnanti e genitori. Gli adulti preposti alla guida dei cittadini, tutti, si sono preoccupati, giustamente, della questione sanitaria e poi economica, e di tante altre urgenze… Ma a voi chi ha pensato? “Tanto sono giovani, ce la fanno”. Certo che ce la fate, ma sinceramente trovo che il ministro non vi abbia sollevato né alleggerito il compito, con le sue tante comunicazioni in merito all’esame, ogni giorno diverse, le sue dirette fb allo scopo di rispondere alle vostre domande (a cui non ha mai risposto!). Ho capito poco dopo l’inizio della “dad” che le sue molteplici e fumose indicazioni vi hanno soltanto generato ancora più ansia e confusione, sentimenti che avete dovuto gestire da soli, con l’aiuto dei vostri insegnanti, genitori e amici. Per carità, non voglio fare di voi dei martiri, alla vostra età ci sono persone che hanno vissuto guerre, carestie, esilio… Ben di peggio che una maturità anomala e incerta. Ma se guardiamo al peggio c’è sempre qualcosa di più tragico, come c’è sempre qualcosa di più luminoso. Dobbiamo, dovete, fare i conti con la realtà (a me è sempre riuscito piuttosto male, ma io e i conti siamo due cose antitetiche!), scendere a patti prima di tutto con voi stessi e con ciò che avete di fronte: una maturità senza scritti. Qualcuno di voi ha esultato, quando è stata comunicata la notizia: da sempre le prove scritte, specie il tema, sono le più temute e ansiogene. Tutti gli anni, sapete, dal 1994 in poi, il giorno del tema di maturità aspetto di leggere le tracce assegnate con un’agitazione quasi da liceale. E ogni anno, da grafomane quale sono, penso a quale tema avrei svolto, in alcuni casi lo scrivo addirittura nella mente. Gli amici a cui oso confessare queste cose mi chiedono: “ma cosa te ne frega del tema di maturità, mica lo devi fare tu?” È vero, ma me ne frega lo stesso!

Il motivo più banale del mio interesse nei riguardi della prima prova scritta, forse, risiede nel fatto che l’anno del mio esame uscirono delle tracce che non mi piacquero affatto. Rimasi un’ora a guardare il foglio, indecisa su cosa scegliere e cosa scrivere (per me una rarità assoluta), e alla fine mi costrinsi a prendere la penna. Il tema era su Manzoni e sulla solidarietà. Bella traccia, in realtà, ma io speravo in altri autori. Nonostante questo riuscii comunque a riempire non so quanti fogli protocollo, quindi trovai “qualcosa” da scrivere dopo un primo momento di panico totale. Da quel giorno ho spesso sognato di rifare il tema su uno dei miei autori del cuore… Come vedete anche con gli scritti non sempre si è fortunati e le cose vanno come vorremmo, anzi. Sono certa che chi di voi ha il rammarico se non il dolore di non poter svolgere il tema e le altre prove capisce ciò che ho provato allora. In fondo gli scritti hanno un significato che va al di là dei contenuti e del risultato: sono qualcosa che resta. Verba volant, scripta manent, giusto? Suppongo che il fatto di sostenere solo l’orale dia a molti di voi la sensazione che non resti traccia, non resti nulla. Ma, credetemi, non è così! Né per voi né per i vostri docenti. Non siete un tema, una versione di latino, un problema di matematica, e i relativi voti. Ciò che resterà per sempre al di là di ogni esame sono i sorrisi che vi siete scambiati in questi anni, un aiuto a un compagno in difficoltà, quella volta in cui vi siete battuti contro un’ingiustizia o magari l’avete subita. Un pianto di rabbia, le gite tutti insieme, una manifestazione studentesca, un voto meraviglioso dopo una studiata pazzesca, un amore nato sui banchi di scuola. E le lezioni anche e soprattutto umane dei vostri professori, quelli che vi hanno aiutato a crescere e a diventare migliori e anche quelli che vi hanno deluso o fatto soffrire. Resterà la vostra vita negli anni che avete trascorso dalla prima classe a oggi. Pensate a quanto siete cambiati rispetto a quando avete varcato per la prima volta la soglia della vostra scuola a 14 anni… Eravate dei ragazzini usciti dalle medie, ora siete giovani uomini e donne che tra pochi mesi andranno all’università o a un primo colloquio di lavoro! Ecco, vorrei che questo pensiero vi rassicurasse e confortasse. Non siete gli scritti, non siete un esame, ma giovani creature bellissime che si affacciano alla vita adulta. Appena terminato il colloquio vi sentirete leggeri, probabilmente anche un po’ svuotati e smarriti (a me mancava, finito l’esame, quella sensazione adrenalinica dello studio, ma io non faccio testo…!), e sono sicura che nell’arco dei prossimi mesi e poi anni non ricorderete più le difficoltà della “dad”, i problemi di connessione, le privazioni di questi mesi. Cosa sono tre mesi e un giorno d’esame rispetto a un ciclo di studi di anni? Resterà certamente il ricordo della pandemia, quello sarà indelebile per tutti noi, e credo che nessuno sarà più come prima; dopo aver attraversato situazioni estreme si cambia. Speriamo in meglio…

Siete sfortunati o fortunati, chissà, nel non avere una maturità come gli altri? Sicuramente siete unici. E adesso cercate di dare il massimo. Avete una sola prova a disposizione? Usatela al meglio! Non abbiate paura di parlare, durante il colloquio! Avete preparato degli elaborati con i suggerimenti e la guida dei vostri docenti: concedetevi tutto il tempo di esporli, è un vostro diritto. La maggior parte di voi, tranne coloro che decideranno di scrivere nella vita (mestieraccio, eh, ve lo dico, ma ne parliamo un’altra volta!), non si troverà spesso, appunto, a scrivere. Ma chiunque di voi, sempre, si troverà a parlare! Questa è la vostra prova di maturità. Osate! Con coraggio e originalità. Non abbiate l’ansia di impappinarvi, non dovete ripetere a pappagallo nozioni apprese sui libri, ma dimostrare di sapere ragionare, collegare, sentire. Usate la vostra intelligenza (sapere aude!), ma più ancora, dico io, la vostra fantasia. Chi meglio di un giovane può essere fantasioso-favoloso (il caro Giacomo vi guarda e protegge)?!

La vostra maturità resterà sui libri di storia: se non resteranno i nomi resterà una storia, canta Achille Lauro in “Teatro & Cinema”. Quando sarete “famosi”, o semplicemente grandi, e qualcuno vi chiederà del vostro esame, potrete dire: ho sostenuto la maturità nell’epoca covid-19, la maturità 2020 senza scritti. Volete mettere a paragone con le maturità “normali” degli altri studenti?! Scherzi a parte, chiunque di noi non avrebbe mai voluto non tanto un esame senza scritti bensì ovviamente l’epidemia che ancora non è finita. Ma è andata così. Cercate di usare tutte le vostre armi di testa e di cuore per far sì che vada come meritate.

Concludo questa lunga, forse noiosissima lettera con una proposta un po’ folle ma seria…

Non farete il tema, ok. Ma chi vi vieta di farlo comunque? Il tema che avreste voluto scrivere se ci fosse stata la prima prova! La traccia la decidete voi, a questo punto, ne avete tutto il diritto dato che nessuno ve la assegnerà. Una sorta di “traccia del sogno”, con o senza autori, con o senza attualità, storia, ecc. Se avete voglia, naturalmente finito l’esame, di scrivere un tema senza traccia, o meglio con una traccia che vi darete voi, prometto di leggervi. Magari un giorno ne faremo un libro: SENZA TRACCE. Il tema che avremmo voluto scrivere per la maturità 2020.

Mi limiterò a leggervi, se mi manderete i vostri temi: non mi permetterei mai di dare un voto. Non sono una docente di italiano, sono solo una persona che ama leggere e scrivere, e la mia proposta non è un esame, per fortuna!

Non mi resta che farvi un grande in bocca al lupo di rito (o “merda merda merda!”, come si dice in teatro), con l’augurio che conserviate per sempre l’incanto dell’età di ora, e la bellezza di essere, ancora per poco, maturandi… Con o senza scritti. Studenti, ragazzi, che non saranno certo “maturi” tra qualche giorno, dopo  l’esame. Alcuni non lo saranno mai, forse, altri lo sono già da tempo. La maggior parte lo diventerà vivendo. Lavorando, studiando, soffrendo, sorridendo, sognando…

Sempre, prima di tutto, amando.

Buon esame di cuore, ragazzi della maturità 2020

Chiara

 

Ps. Per chi volesse davvero inviarmi il proprio scritto-tema “senza traccia”: lanuovasavona@gmail.com. Vi aspetto!

Chiara Pasetti

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