News13 agosto 2020 12:06

Sansa: una porta aperta in ogni quartiere

Assistenza sociosanitaria territoriale: Ferruccio Sansa lancia le microaree sul modello triestino. “Una porta alla quale bussare ed essere sicuri che ti sarà sempre aperto. Per affrontare la solitudine, la malattia, la fragilità economica, il disagio psichico o le dipendenze. Ma anche un luogo dove si diventa comunità, ci si incontra. E alla fine si rende più sicuro un quartiere”

Sansa: una porta aperta in ogni quartiere

“A Trieste dal 1998 hanno realizzato un modello da imitare: le microaree. Nata anche da un’intuizione di Franco Rotelli, uno dei collaboratori più stretti del grande psichiatra Franco Basaglia (il 29 agosto saranno quarant’anni che ci ha lasciato).

Come funzionano in concreto? Nelle città vengono individuate zone a rischio emarginazione, luoghi dove più acuto è il disagio. Non sono grandi, ci vivono da 400 a 2.500 persone.
Sono aree omogenee: strade, complessi edilizi, piccoli quartieri. Definirne il perimetro è un lavoro lungo, richiede analisi, ricerche, interviste sul territorio. Prima di tutto occorre individuare un locale che possa diventare punto di ritrovo, rifugio. Quindi comincia il lavoro sul campo: a Trieste l’amministrazione, l’istituto case popolari e le Asl hanno raggiunto un accordo per formare équipe che forniscano un servizio affidabile, preparato e presente. Personale qualificato in grado di accogliere chi viene a bussare per chiedere aiuto e ritrovarsi.
Ecco, appunto, una porta dove sai di poter bussare. Un servizio modello che permette di assistere, ma ancor più di prevenire tante forme di disagio, fisico, materiale o psicologico. Riducendo le conseguenze per le persone e la comunità. Creando nello stesso tempo una rete sociale che sviluppa lo spirito di vicinanza.   

I frutti dell’esperienza triestina – dove esistono oggi 16 microaree – sono evidenti: i dati su 7.800 persone prese in carico mostrano una riduzione del 5% nel tasso di incidenza di ricovero urgente (8% tra le donne sole). Ma i ricoveri per problemi psichici crollano addirittura del 61%.
Non basta: calano negli uomini i ricoveri per malattie respiratorie, cardiache e vascolari (-9%) e per patologie urologiche (-35%). Ma bussando a quella porta si possono affrontare anche problemi di disagio economico e dipendenze. Gli effetti si vedono anche sulla sicurezza dei quartieri.  

Possiamo farlo anche in Liguria. Possiamo costituire in tutta la Regione una Rete di intervento attivo, che vada incontro alle persone, le conosca, le metta in contatto con le strutture sanitarie, i servizi sociali, il vicinato, il volontariato.
Si può fare nelle città, ma anche nei piccoli centri. Per far questo integreremo i servizi delle ASL, i servizi comunali, i medici di famiglia, i medici e gli operatori delle guardie mediche e del 118, gli ospedali,  il volontariato, il vicinato.
Occorre stabilire un presidio fisico, con la presenza nei luoghi più provati di un locale al quale dare accesso libero per la presentazione di richieste, il racconto di disagi, l’incontro con altre persone. La caratteristica nuova dell’intervento consisterà nel suo modo attivo di procedere, cioè di ricercare la conoscenza delle persone a rischio, aprendo loro una serie di opportunità e di contatti che le porti alle migliori scelte di sostegno o di terapia, privilegiando la domiciliarità fin dove possibile.

Il servizio avrà un operatore professionale per ciascuna unità operativa, coadiuvato da almeno due altri componenti e sarà sostenuto dal coinvolgimento attivo del quartiere e delle famiglie disponibili. Si tratta in sostanza di mettere in collegamento, con un atto di protocollo che lo formalizzi, i servizi esistenti, ma facendo loro assumere un ruolo integrato, ben coordinato, anticipatore, attivo, solidale.

La cittadinanza ligure possiede tradizioni e qualità di solidarietà che aiuteranno questo processo di integrazione, al quale non saranno estranei i servizi di salute mentale e delle dipendenze. Formeremo insomma delle équipe di prossimità. Capaci di conoscere per agire in maniera professionale e profondamente umana.
I soggetti del terzo settore potranno essere partecipi a seconda delle loro vocazioni e potenzialità.
I cittadini assumeranno così un ruolo di promozione via via crescente e potranno svolgere nelle sedi incontri nelle occasioni ritenute utili. Ne deriverà migliore coesione sociale, il mutuo aiuto riprenderà vigore dove le condizioni ambientali o abitative lo hanno impoverito.
Nessuno dovrà restare solo. La sicurezza della presenza, e non solo delle cure, sarà la migliore difesa contro ogni genere di insidia alla fragilità e alla solitudine.

Queste sono le nostre motivazioni fondamentali: ricerca di giustizia, solidarietà e intenzione di coinvolgere per il bene comune gli enti presenti in tutto il territorio della nostra regione.
Aprire una porta cui tutti possono bussare. Anche in Liguria si può.”

red

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