Crisi Complessa04 ottobre 2020 07:37

Crisi complessa, quattro anni dopo

Mentre i finanziamenti Invitalia son bloccati dai ricorsi e ci si chiede come farà la burocrazia italiana a gestire il Recovery Fund, facciamo il punto sul nostro territorio con Alessandro Berta, direttore dell’Unione Industriali della provincia di Savona

Crisi complessa, quattro anni dopo

“Se mi chiedete quanti occupati ha creato finora il progetto Crisi complessa in sé il numero è zero, dal momento che Invitalia non ha erogato ancora nulla. Ma parte degli investimenti è stata realizzata o è in via di realizzazione, e circa un centinaio di posti di lavoro sono stati comunque creati nelle aziende ammesse al finanziamento. 

Si tratta - chiarisce Berta - di investimenti strategici che le aziende, in particolare quelle già presenti sul nostro territorio, avevano comunque deciso di fare. Il bando Invitalia è stato uno stimolo in più, potremmo dire che ha funzionato come un’iniezione di fiducia rispetto a investimenti che erano già nella testa degli imprenditori.” 

Infatti tre progetti, pur non ammessi al finanziamento, sono comunque in corso di realizzazione perché strategici.

Un altro effetto positivo sulla quantità dei progetti prodotti è stato dato dalla contemporaneità dei bandi, quello Invitalia e quello regionale: se il bando Invitalia era destinato a grandi investimenti, quello regionale che finanzia progetti di minor taglio è stato importante prevalentemente per le piccole medie imprese. Sul bando regionale sono state presentate una cinquantina di proposte, che prevedevano circa 350 nuovi occupati: “18 proposte - ricorda Berta - sono già state esaurite dalla Regione e c’è già l’atto di concessione del finanziamento. 

Adesso è in corso di registrazione il nuovo Accordo di programma che permetterà di finanziare anche altri progetti” (fino a 28).

Il bando regionale prevede un 30% di risorse a fondo perduto, mentre per il 70% si tratta di finanziamento agevolato. Le risorse Invitalia invece sono quasi completamente finanziamento agevolato: un prestito che comunque in tempi di crisi di liquidità diventa prezioso.

I finanziamenti di Invitalia per le tre aziende ammesse sono bloccati dai ricorsi al TAR degli esclusi, ma l’Accordo di programma una volta registrato sbloccherà anche questa situazione: se vinceranno i ricorrenti verranno finanziati i loro progetti, altrimenti i fondi passeranno agli altri progetti risultati ammissibili e ora in graduatoria.

Le aziende che ad oggi sono ammesse al finanziamento, lo ricordiamo, sono tre.

La prima è Cartiere Carrara, che ha quasi concluso investimenti per 20 milioni di euro e assunto già 15 nuovi addetti. Invitalia in questo caso copre il finanziamento per 7 milioni. Poi c’è First Plast, un’azienda che ha già molti dipendenti e prevede un investimento in ricerca e sviluppo. Infine Esso italiana, che verrà finanziata per 5 milioni circa e che ha già quasi completato l’investimento: “un investimento importante non tanto per il numero di nuovi posti di lavoro previsti, ma perché ha consolidato l’azienda sul territorio di Vado Ligure”.

“Il lavoro fatto a Savona in termini di partecipazione delle imprese ai bandi nazionali e regionali è il più importante fatto registrare ad oggi in tutto il Paese” affermano i sindacati. È così?

“Nella riallocazione dei fondi Savona ha ottenuto molto, dimostrando di essere un’area con una vivacità imprenditoriale locale che non si arrende e continua a investire. Infatti l’industria aveva perso cinquemila posti di lavoro, ma al 2019 ne aveva recuperati seimila. Sono altri i comparti in cui i posti di lavoro sono stati purtroppo falcidiati” ricorda Berta, riferendosi alla grave crisi del commercio e del terziario che colpisce la nostra regione: prendendo a titolo esemplificativo il primo trimestre 2019, secondo i dati elaborati dall’Ufficio economico CGIL in Liguria nel raffronto col primo trimestre dell’anno precedente ci sono state oltre 3500 assunzioni in meno nel commercio-turismo-trasporti e altre 3500 in meno nelle altre attività dei servizi.  

Chiediamo infine al direttore dell’Unione Industriali come potrà l’Italia, Paese dei ricorsi, spendere i fondi che devono arrivare dall’Europa: “Un aiuto lo offre il Decreto semplificazioni. Che prevede una deroga sul genere “modello Genova” per quanto riguarda infrastrutture, ambiente, scuole, edifici penitenziari. Un sostanziale “liberi tutti” eccettuate le verifiche antimafia: ma anche se il Codice Appalti viene superato, esiste tuttavia una serie di principi che regolano le gare. 

Ad oggi quando c’è un ricorso al TAR si deve aspettare. E invece ci deve essere una via veloce nella giustizia amministrativa oppure non saremo mai in grado di spendere i fondi europei. 

Altrove, all’estero, il mercato ha espulso le imprese “di carta”. 

Qui no.

Non possiamo aspettare due anni per spendere quei soldi.”

E il famigerato MES? Non è una follia non approfittarne?

“Lo è. Col MES si potrebbero liberare risorse ora impegnate nella sanità per infrastrutture, digitalizzazione, scuole, strade provinciali. Milioni che potrebbero esser spesi per piccoli interventi importanti, da far partire entro l’anno.”

L'approfondimento di Mimmo Lombezzi su TPI: 

“Non avrai altro Dio all’infuori del TAR”: ecco dove rischiano di finire i soldi del Recovery Fund (se arrivano)

https://www.tpi.it/economia/recovery-fund-dove-rischiano-di-finire-i-soldi-ue-aree-crisi-industriale-20201003675569/ 

LNS

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