Speranza subito innaffiata dall’omonimo ministro (riconfermato) con una doccia fredda, freddissima: il monitoraggio dell’onnipresente Istituto Superiore di Sanità ha decretato che nella nostra regione il rischio sta risalendo al livello di guardia, quindi si torna in zona arancione.
Toti dal canto suo si fa bello con gli elettori ululando che aveva chiesto di salvare almeno il pranzo di domenica ma non è stato ascoltato.
E secondo noi stavolta avrebbero dovuto ascoltarlo: però non dimentichiamo che il nostro presidente aveva il potere di prendere misure per il Ponente ligure, che è la zona più colpita e quella che ci ha condotto in zona arancione, e non lo ha fatto.
Come aveva la possibilità - e il dovere - di stringere su Genova quando in autunno i contagi salivano vertiginosamente, ma non l’ha fatto: prima per le elezioni, poi per il salone nautico.
Insomma ce n’è per l’asino e per chi lo mena.
Passata con un po’ di delusione e un gran mal di testa la sbornia del totoministri, Draghi avrà molto da fare non solo per convincere l’Europa che non siamo un Paese di irredimibili beline, ma per tentar di rimettere assieme una situazione sociale che sta per esplodere: crisi economica, diseguaglianze talmente profonde da esser diventate esclusione sociale sono solo alcuni tra i guai che il nuovo governo dovrà affrontare.
E nessun curriculum d’oro eviterà l’implosione se non si partirà dal rispetto: per chi lavora, per chi non lavora più, per chi vorrebbe solo lavorare e potersi organizzare.