News17 aprile 2021 17:43

Ventimiglia dimenticata

Sansa: "Abitanti e migranti lasciati soli"

Ventimiglia dimenticata

"Negare i problemi, la solita soluzione all'italiana. Così le autorità si sono dimenticate di Ventimiglia, dei disagi degli abitanti e dei migranti. Il risultato è semplice: che se la cavino da soli. Che si continui a mettere gli uni contro gli altri, quando invece soltanto occupandosi seriamente di chi arriva si elimina l'enorme disagio degli abitanti.

Venerdì siamo stati un giorno a Ventimiglia. Già, perché Ventimiglia esiste ancora anche se nessuno ne parla più" scrive il consigliere regionale Ferruccio Sansa.

"E restano intatti i problemi: i migranti che arrivano a decine, centinaia. Ma non hanno nemmeno più il centro Roja per trovare un riparo e allora dormono dove possono, girano tutto il giorno in una città sempre più confusa e spettrale. Soprattutto sola.

E' mezzogiorno quando dai vicoli e dalle stradine, dai nascondigli che si sono ricavati tra treni e binari, spuntano decine di migranti. Si raccolgono davanti al centro Caritas vicino alla stazione. E' uno dei pochissimi luoghi dove possano trovare aiuto: una giacca, un brandello di tessuto che diventa coperta o asciugamano, un po' di cibo, anche soltanto una parola.

"Noi ne visitiamo 8-10 al giorno, qualche centinaio al mese", racconta la dottoressa Tina Maffezzoni che ha dedicato la sua vita ad assistere gli ultimi. Oggi gli ultimi sono anche qui, in Italia. A Ventimiglia. Ce ne sono meno, ma non è affatto vero che non arrivino più (siamo quasi a mille al mese). Giungono dall'Africa, dal Pakistan, da tutte le terre in conflitto. E qui si fermano, semplicemente perché sbattono contro il muro del confine francese. Di là non vogliono più pensare a loro, di qua se ne sono dimenticati.

Tina spiega: "E' essenziale curarli, per loro, ma anche per noi. Perché questa gente sta male e perché poi è abbandonata a vagare per la città, in mezzo agli abitanti nelle strade e sui treni". Così eccola, insieme a una suora anziana, ma piena di energia; misurano la febbre, sentono i polmoni per capire se ci si possa annidare il Covid o la tubercolosi. Cercano di eliminare i parassiti che tormentano. C'è un ragazzo diabetico, un uomo malato di cuore, c'è chi è intriso di alcol e solitudine.

Curarli è essenziale, per loro - che sono pur sempre persone - ma anche per una questione di salute pubblica. Per questo come Lista Sansa abbiamo chiesto che fosse effettuata una tamponatura a tappeto dei migranti in arrivo e, senza passare davanti a nessuno, che potessero eventualmente essere sottoposti a vaccinazione. Ma la nostra proposta non è stata accolta in Consiglio Regionale; basta sentire quella parola "immigrati" e si accende una spia. Scatta un riflesso invincibile. "Prima gli italiani", ecco lo slogan, non importa che ignorando gli immigrati si faccia tanto male anche alla gente di qui e a tutta Ventimiglia. Basta passare il confine per rendersi conto del paradosso: da questa parte una città abbandonata, spaesata. Di là c'è Mentone, che si prepara alla stagione del turismo.

La soluzione non è rimuovere il problema, come ricordano Maurizio Marmo e i suoi ragazzi della Caritas che nella loro vita sono stati in Africa, in Sud America. Ovunque. Ma adesso hanno capito che il loro posto è qui: "L'anno scorso hanno chiuso il Centro Roja, ma così la situazione è peggiorata. E non possiamo immaginare cosa succederà presto, quando riprenderà la libera circolazione".

Insieme con loro ci sono volontari di Save The Children e Weworld.

Così gli immigrati si nascondono negli anfratti lungo i binari, come Dalja e suo figlio che ritirano il cibo, una coperta. Poi aspettano che passi il treno - ormai conoscono a memoria gli orari - e si incamminano lungo il binario 1, fino a una piccola aiuola sotto il ponte. E' la loro casa. Chissà, viene da chiedersi, che cosa ricorderà questo bambino della sua infanzia, prima nel deserto e sul barcone, poi a vagare tra binari. Aspettando non si sa cosa.

Altri ragazzi si sono sistemati sulla spiaggia, nei dehors dei bar che attendono l'arrivo di una nuova estate. Ombre, più che uomini, che risalgono per chilometri i binari e si sistemano nei magazzini delle ferrovie. Nessuno sa quanti siano, cosa facciano, come campino. Dimenticati.

Così come la gente di Ventimiglia che ha affrontato con forza questa prova. Senza lasciarsi strumentalizzare, senza cadere nell'odio. Certo, il fastidio a volte emerge, e lo si può capire, di fronte alla propria città che ha cambiato volto. Ma qui non affondavano le radici dell'intolleranza. Ventimiglia ha saputo essere accogliente, ha provato a capire. E' riuscita anche a dare nonostante la povertà che è di tutti, ormai. Lo raccontano anche i migranti: "Dormiamo qui, nel terrazzo di un ristorante. Il proprietario ci lascia stare, è un uomo con il cuore grande". E ancora: "La polizia italiana? E' molto meglio di quella francese... ci fa meno paura".

Eppure molto è cambiato da quando anni fa scoppiò l'emergenza. Lo leggi nei volti delle persone. In quelli degli immigrati che arrivano per andare via, che non vorrebbero restare. Ma ormai sono rassegnati, non hanno più speranza. Ogni sera prendono il treno, vengono respinti, passano notte nei container lager della polizia francese e poi ritornano in Italia. Una, cinque, dieci volte. E' quasi un rito.

E lo senti nei discorsi delle donne e degli uomini di Ventimiglia, tormentati anche dal Covid e dalla crisi: "Non cambia niente. Va avanti così da anni".

Noi siamo venuti qui. Per avanzare le nostre proposte (l'assistenza sanitaria degli immigrati, la riapertura del Centro Roja). Per denunciare un problema prima che di nuovo la situazione esploda e sia strumentalizzata per fini politici.

Semplicemente abbiamo guardato la gente negli occhi: gli abitanti di Ventimiglia e i migranti. Soltanto così ti ricordi che non sono numeri, non sono soltanto un problema. Sono pure loro figli, fratelli, padri e madri. Sono persone come noi."

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