“Oggi come allora siamo alla vigilia di un momento importante di riacquisizione della nostra libertà. Siamo alla vigilia di sfide altrettanto importanti, come allora”.
Come sempre dietro a Salvini, seppur in giacca e cravatta e in gergo contrattuale (evidentemente l’unico che conosce), Giovanni Toti non si è lasciato sfuggire l’occasione di sminuire il 25 Aprile riducendolo a una sorta di festa della vigilia delle riaperture.
Ma con tutto il rispetto per chi da un anno non lavora e tira la cinghia, il 25 Aprile non è la festa della piadina e neppure del fritto misto o dell’aerobica.
È la festa della Liberazione da una dittatura che ha trascinato l’Italia in una guerra mondiale, che ha emanato le leggi razziali, che ha tolto ai cittadini la libertà di espressione, che ha ammazzato, torturato ed esiliato.
Il 25 Aprile è la festa della nostra democrazia.
Se preferisce volare più basso lo capiamo, e abbiamo anche una lettura da consigliargli, l’articolo di Michela Bompani su Repubblica di oggi:
“La Liguria ha un tallone d’Achille nel piano vaccinale: l’immunizzazione degli over80. Perché se da un punto di vista complessivo la regione ha rimontato ed ora è ai primi posti per somministrazioni, nella classifica della messa in sicurezza degli over 80 è ancora terzultima, prima di Calabria e Sicilia.”
Senza contare una medicina territoriale che, semplicemente, non esiste più perché se hai il covid sei lasciato abbastanza solo, ma se hai qualcos’altro fai in tempo a morire.
Ecco, presidente.
Anziché cercare frasi a effetto che offendono il ricordo di chi ha liberato l’Italia davvero, pensi a questo e faccia quel che deve.