Mezza politica31 gennaio 2022 09:23

Il buio tra gli arazzi

L’esultanza di parlamentari plaudenti sulle macerie dei propri partiti - mentre fuori imperversa la povertà e venti di guerra soffiano sempre più forte alle nostre porte tutt’altro che blindate - è forse l’immagine che meglio spiega cosa siamo diventati

Il buio tra gli arazzi

Dai retroscena pubblicati in quantità emergono cosette. Letta pare avesse detto di sì, in prima battuta, alla candidatura Belloni per poi fingersi morto quando i gruppi parlamentari hanno minacciato la sua segreteria.

Conte ha cercato di tenere il piede in tutte le scarpe e soprattutto di tenere in piedi la sua leadership, con risultati perlomeno contrastanti se alla fine è stato Di Maio a figurar da statista.

Salvini ha rilasciato migliaia di dichiarazioni creando un casino micidiale e dimostrando ancora una volta la sua totale incapacità a far qualsiasi cosa che non sia succhiare voti di pancia. Cosa ci faccia ancora a capo della Lega è materia da aruspici.

Meloni, al solito con la mascella serrata, è rimasta irremovibile all’opposizione di tutto e di tutti per poi poter rivendicare di esser l’unica coerente.

Renzi, con la consueta abilità, è riuscito ad essere o quantomeno apparire come ago della bilancia.

Toti si è limitato a collezionare foto ricordo della sua presenza nei palazzi romani e a cercare di convincer se stesso e gli altri di essere di diritto tra i vincitori: da oggi affronterà una Lega ligure che lo considera il peggior traditore e che cercherà di sfilargli la sanità (peggio di lui comunque è difficile fare). Ma non ne sembra affatto preoccupato: non è qui che lui vuole stare.

Mattarella, che probabilmente sapeva da un pezzo che il Quirinale non l’avrebbe lasciato nel 2022, giurerà giovedì per la seconda volta.

Draghi, che solo al Quirinale voleva e vuole andare, probabilmente attenderà di esser libero da impegni di governo per riprovarci, stavolta con successo. La sua ambizione è, in ultima analisi, quella che ha portato alla rielezione di Mattarella - almeno secondo l’opinione dei pochi commentatori rimasti vivi che non hanno paura di criticare il presidente del Consiglio, come Monti o Cirino Pomicino: e qualcuno, nelle pagine interne dei giornali, si spinge a ipotizzare che qualsiasi altro nome sarebbe stato inteso come un affronto personale.

L’esultanza di parlamentari plaudenti sulle macerie dei propri partiti - mentre fuori imperversa la povertà e venti di guerra soffiano sempre più forte alle nostre porte tutt’altro che blindate - è forse l’immagine che meglio spiega cosa siamo diventati.

Qualcuno prova a consolarci con la vecchia storia che gli elettori sono meglio degli eletti, che a loro volta sono meglio dei loro segretari di partito, che a loro volta sono meglio di Belzebù.

Ma non funziona.

Giovanna Servettaz

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