News02 agosto 2022 13:19

4 agosto 2022: Savona ricorda

Un secolo fa l’assalto fascista al Comune e alla Camera del Lavoro

4 agosto 2022: Savona ricorda

Il 4 agosto in piazza Chabrol Savona ricorderà, con le autorità e i cittadini, una data di grande importanza per la storia della città: in quei giorni di 100 anni fa i fascisti occuparono il Comune, attaccarono e distrussero la Camera del Lavoro. Come in molte altre parti del Paese, i luoghi di aggregazione e rappresentanza del mondo del lavoro furono occupati, distrutti militarmente, vennero perseguiti ed arrestati sindacalisti e lavoratori attivisti e fu messa al bando ogni forma di sindacato e associazione democratica.

 

Colpire il lavoro in tutti i suoi punti nevralgici (cooperative, società di mutuo soccorso, leghe) è stata una scelta ben precisa: atti violenti che, seppur con differenti modalità, paiono ripetersi oggi con inquietante frequenza. “È sconvolgente - osservano dalla Cgil savonese - dover assistere, dopo un secolo di cambiamenti radicali in campo economico, sociale, scientifico, tecnologico, ad episodi che richiamano quella pagina. Sconvolgente confrontare le foto e i filmati in bianco e nero un pò sfocati di allora a quelli a colori e ben definiti di oggi che mostrano l’assalto della sede della CGIL Nazionale nello scorso ottobre, e gli atti che con sempre maggior frequenza stanno colpendo le sedi delle Camere del Lavoro e del sindacato nei territori”.

Il tutto in una situazione nazionale in cui le tensioni sociali sono sempre più palpabili, con la povertà in aumento come le manifestazioni sempre più profonde di una rabbia - anche giovanile - che non sembra trovare sfogo, in attesa di un autunno che si preannuncia difficile dal punto di vista della tenuta sociale.

Per questo appare particolarmente importante ricordare ciò che accadde: “Abbiamo iniziato a organizzare questa commemorazione in febbraio come Comitato antifascista e Fondazione Centofiori” racconta lo storico Giuseppe Milazzo, che sta lavorando a un volume in uscita per l’Istituto Storico della Resistenza il prossimo novembre sull’avvento del fascismo a Savona.

Un estratto del libro, corredato da oltre duecento fotografie e fatto stampare dalla Fondazione Centofiori col patrocinio di tutti i partecipanti, verrà diffuso nelle scuole savonesi e consegnato alle autorità cittadine proprio giovedì 4 agosto: l’appuntamento è per le 18,30 in piazza Chabrol, da dove partirà il corteo per le vie Pia e Sacco.

Al termine del corteo, intorno alle 19, sarà inaugurata la targa commemorativa a cura del Comitato cittadino della Resistenza antifascista di Savona e della Fondazione Centofiori con gli interventi del sindaco Marco Russo, del segretario generale della Camera del Lavoro savonese Andrea Pasa e dello storico Giuseppe Milazzo.

La manifestazione, annunciata oggi nel corso di una conferenza stampa, è nata dall’iniziativa di Comune di Savona, Cgil, Sindacato dei Pensionati, sindacati di categoria e tutte le associazioni democratiche che aderiscono al Comitato Cittadino della Resistenza Antifascista di Savona.
Un doveroso ricordo che non inciderà sulle casse comunali perché, come spiegano i promotori, la lapide è stata pagata in parti uguali da tutte le associazioni che formano il Comitato antifascista.

“Da quest’anno il 4 agosto si aggiunge alla collana di eventi e di manifestazioni dedicate all’Antifascismo e alla memoria di fatti savonesi, come quelli del primo marzo, del 5 aprile, dell’8 maggio e del 27 dicembre - dice il sindaco Marco Russo - Ricordare serve alla nostra memoria di città democratica e quindi alla nostra capacità di progettare il futuro. Questo drammatico episodio di 100 anni fa ci aiuta a rafforzare la consapevolezza dell’importanza delle istituzioni democratiche, quell’assalto al simbolo della democrazia deve impegnarci oggi a tenere alto l’onore e il decoro delle istituzioni democratiche”.

comizio fascista del 29 ottobre 1922

Dal libro di Giuseppe Milazzo “L’avvento del fascismo a Savona”, estratto dal volume che uscirà a novembre:
...Riguardo a quello che avvenne in quella giornata del 4 agosto è di estrema efficacia leggere la cronaca che venne stilata dal quotidiano La Stampa: «anche oggi si sono avuti incidenti, culminati con l’occupazione, da parte dei fascisti, del Municipio della nostra città. Potevano essere circa le 8, quando una comitiva di cinque fascisti, in pattuglia di perlustrazione, transitando in via Pia, fu oggetto di fischi ed ingiurie da parte di alcuni individui che si trovavano presso la Cooperativa Sbarchi ed Imbarchi. I fascisti, malgrado la esiguità del loro numero, si slanciarono contro i comunisti, che si diedero alla fuga. Intervennero le Guardie Regie e l'incidente non ebbe seguito. Più tardi, una ottantina di comunisti ed Arditi del Popolo tentarono di avviarsi lungo la via Paleocapa, verso il corso Principe Amedeo, ma furono affrontati dalle Guardie Regie. Sopraggiunsero squadre di fascisti. Vi fu un breve conflitto. Furono sparati numerosi colpi di rivoltella e vennero operati alcuni arresti. Salvo un grande panico, non si sono avute a lamentare conseguenze. I fascisti invitarono gli abitanti ad esporre la bandiera tricolore. L'invito fu accolto. Più tardi, alle 14,30, quattro squadre fasciste si diressero verso il Municipio» che, com’è noto, aveva allora la sua sede nel vecchio palazzo Gavotti, tra via Pia e piazza Chabrol. «La forza pubblica aveva steso cordoni. Seguirono subito degli spari. I fascisti spezzando i cordoni delle Guardie Regie, sfondarono il portone principale del Palazzo Civico, occupando l'edificio». Penetrati all’interno, i fascisti vi trovarono soltanto il custode, che fu pesantemente bastonato, «gli inservienti ed alcuni impiegati che non opposero alcuna resistenza». Tutti gli uffici e i locali del Comune vennero quindi occupati dai fascisti. Entrati nell’ufficio del Sindaco, i fascisti fecero immediatamente a pezzi la bandiera rossa che si trovava nella stanza; il ritratto del diplomatico sovietico Cicerin, Commissario del Popolo agli affari esteri, con dedica, che era presente sul suo tavolo, venne portato dai fascisti al Caffè Chianale e là esposto in forma derisoria «tra l'ilarità generale» dei presenti. Poi, intorno alle tre del pomeriggio, sul balcone del Municipio, affacciato sulla sottostante piazza Chabrol, «venne subito issato il tricolore tra gli applausi della folla che si era riunita attorno al palazzo. Accanto alla bandiera nazionale, sul balcone del Municipio fu anche issato il gagliardetto dei Fasci. Dal balcone parlarono i fascisti Alberto Casella e Augusto Cecchi ed altri che annunciarono che la sede civica non» sarebbe stata «abbandonata sino a tanto che l'amministrazione social-comunista non» avesse «rassegnate le dimissioni». Messisi in posa, i dirigenti fascisti si fecero fotografare, trionfanti. Poi, dopo che «il Comitato Segreto di Azione» ebbe preso «il comando del palazzo», venne «collocato all’esterno del palazzo comunale un grosso manifesto che portava le parole: “Ci siamo e ci resteremo”. Verso le 19 l’arresto di un Ardito del Popolo, avvenuto in via Paolo Boselli, gettò nuovo orgasmo tra i passanti. Alcuni fascisti in esiguo numero, temendo di essere soverchiati, spararono alcuni colpi di rivoltella in aria. Non si ebbero a lamentare feriti. Sino al momento in cui telefono, ore 22, non si sono più avuti incidenti. Regna però il più vivo fermento nella cittadinanza. Anche stasera con i treni delle due riviere arrivarono altre squadre di fascisti. Il Comitato Segreto d'Azione del locale Fascio ha pubblicato in serata un manifesto per annunziare la conquista del palazzo civico».
Nella serata del sabato 5 agosto le squadre d’azione fasciste e nazionaliste si recarono presso la sede della Camera del Lavoro cittadina – che come si ricorderà era all’epoca situata nel palazzo Multedo, in via Sacco n. 1 – con l’intenzione di assaltarla e occuparla. Inspiegabilmente, i dirigenti della Camera del Lavoro non avevano organizzato alcun tipo di resistenza per difendere la loro sede dalla prevedibile aggressione da parte degli squadristi. I soldati e le Guardie Regie che erano presenti in piazza della Maddalena e che erano stati posti a difesa dell’edificio non opposero alcuna attività di contrasto all’assalto degli squadristi, ma anzi fecero ala al loro passaggio. Avendo trovato, al momento del loro arrivo, la porta d’ingresso della Camera del Lavoro chiusa, le Camicie Nere iniziarono a consultarsi tra di loro sul da farsi. Poi, subito dopo, presero una decisione: entrati in un portone vicino, gli squadristi salirono le scale e penetrarono poi con la forza nell’abitazione di un privato cittadino; avendo individuato il muro dell’appartamento che divideva quell’appartamento da una delle stanze della sede Camerale, lo sfondarono e riuscirono così ad entrare all’interno di quello che rappresentava, simbolicamente, il cuore delle organizzazioni operaie cittadine. All’interno, in quel momento, non vi era nessuno. Uno degli squadristi uscì quindi dalla sede della Camera del Lavoro e, scese le scale, giunse nell’atrio del palazzo e spalancò il portone di palazzo. Senza perder tempo, i fascisti dilagarono all’interno delle sale e saccheggiarono e distrussero tutto ciò che trovarono negli uffici del Sindacato. La grande e pesante insegna in ferro della Camera del Lavoro e tutte le altre targhe furono divelte e fatte a pezzi. Affacciatisi dal terrazzo, esponendo il tricolore dalla balconata, i fascisti vennero salutati con forti applausi dai loro camerati assiepati nella piazza sottostante. Tutti i giornali, l’archivio fotografico, i documenti, i registri, le tessere degli iscritti, gli opuscoli e gli incartamenti presenti negli uffici vennero quindi portati all’esterno dell’edificio e gettati dalle Camicie Nere nella sottostante piazzetta della Maddalena, venendo bruciati in un grande falò insieme a tutto il mobilio presente all’interno dei locali. Come scrisse in particolare La Stampa, «i fascisti si impadronirono di registri ed altri documenti nonché di parecchie bandiere rosse che asportarono come trofei di guerra, portandole nella loro sede fra gli applausi di tutti i presenti».
Anni dopo, Rosalda Panigo – nata a Savona il 12 giugno 1915, che sarebbe poi divenuta maestra elementare e, durante la Resistenza, partigiana con il nome di battaglia di Pina – avrebbe ricordato l’assalto compiuto dai fascisti alla sede della Camera del Lavoro di Savona con queste parole: «quel giorno, in città, si era sparsa la voce che era scoppiato un incendio. Allora mia madre si preparò per uscire e andare a vedere che cosa fosse accaduto. … Insieme arrivammo nella zona antica di Savona e ci fermammo nella “piazzetta della Madonna”, tra via Pia e via Sacco, perché da quella parte proveniva un gran fumo e si era fermata molta gente. Qui ci rendemmo conto immediatamente che era stata incendiata la sede della Camera del Lavoro di Savona». La donna ricordava ancora che sul luogo erano presenti «molti uomini della polizia». Come testimoniato ancora da Rosalda Panigo, in quel periodo, «come in altre città italiane, furono devastate sedi di associazioni dei Lavoratori e di Società di Mutuo Soccorso che venivano poi trasformate in locali utili per scopi fascisti». Secondo quanto riportato da Rodolfo Badarello, il Segretario Giovanni Michelangeli, si sarebbe ripresentato il giorno successivo nella sede della Camera del Lavoro di Savona; i fascisti, vedendolo, lo avrebbero aggredito e ferocemente bastonato, al punto da lasciarlo svenuto e sanguinante a terra; soccorso da alcuni operai, sarebbe stato trasportato alla Scarpa & Magnano insieme all’anarchico Pietro Ferrero, Segretario della F.I.O.M. di Torino, che si trovava in quei giorni a Savona e aveva anch’egli subito una violenta aggressione; qui i due sarebbero stati medicati e curati.
Così, con queste parole altamente significative, molti anni dopo, Arrigo Cervetto avrebbe commentato l’episodio dell’occupazione della Camera del Lavoro di Savona: «in quella piazzetta della Maddalena, che tanta attività operaia aveva visto attorno ad un’istituzione che solo la tenacia e la lotta del proletariato savonese erano riuscite a creare agli inizi del secolo, non si svolse solo una spedizione punitiva fascista. Qualcosa di ben più importante avvenne, qualcosa che accompagnerà per più di vent’anni le sorti del Paese e della nostra città e inciderà profondamente nella sua storia: ebbe inizio un regime di dittatura».





LNS

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