Cultura08 giugno 2024 14:36

Il Piccolo principe astronomo

Sylvie Duvernoy espone a Pozzo Garitta fino al 26 giugno

Il Piccolo principe astronomo


Sylvie Duvernoy si è laureata in architettura a Parigi.

Ha iniziato a lavorare in Francia, ma si è poi trasferita a Firenze dove tuttora vive e lavora.

Si è specializzata nella rappresentazione dell’architettura conseguendo un dottorato di ricerca all’Università di Firenze, e da diversi anni insegna disegno architettonico al Politecnico di Milano e all’Accademia delle Belle Arti di Sanremo.

Sylvie è anche una acquarellista e pittrice. Le sue opere - prevalentemente paesaggi e ritratti dal vivo - sono state esposte in occasioni di mostre personali o collettive a Parigi, a Malta, in Germania e in Italia.

Con la tecnica dell’acquarello ha illustrato il libro intitolato “l’Universo del Piccolo Principe” (scritto da Francesco Palla) che è stato tradotto fino ad ora in cinque altre lingue.

Con inaugurazione sabato 8 giugno alle ore 18 la personale si protrarrà fino a mercoledì 26 giugno. L'orario di apertura sarà dalle 18,30 alle 22,30.

 

“I ritratti costituiscono un ulteriore  aspetto della ricerca di Sylvie, infatti  i soggetti, le persone, sono colti in momenti di riposo o addirittura di meditazione e al tempo stesso lontani dal posare, appaiono vivi e immersi nella vita quotidiana nella quale un momento di pausa ha permesso all'artista di recuperarne, con molta efficacia, elementi salienti del carattere , quelli  più specificamente legati al comunicare una stessa condizione esistenziale attraverso i tratti fisionomici  e la gestualità.

Quattro pezzi sono una sequenza nella descrizione dell’ambiente ove si definisce il processo creativo ed esecutivo: una sorta di progressione documentaria o piuttosto la curiosità di ripercorrere il dialogo del fare con l’ideare, secondo condizioni di luce e tempo dove può emergere un vissuto essenziale per dare vita, appunto, all’opera.

I due ritratti del “tempo del Covid”, di Maira e di Cant, costituiscono forse la testimonianza dell’avvio di un nuovo percorso, non solo per quanto riguarda il soggetto ma come sperimentazione di tecniche. Infatti, l’uso del plexiglass come supporto permette una doppia visione, con effetti di profondità e di un raddoppio della percezione fruitiva. Così l’intensità dell’indagine, intensificata da forzatura e sintesi e dalla partecipazione stessa nel gesto della stesura di un’efficace soluzione cromatica, evoca, rifunzionalizzandoli, secondo il proprio segno, aspetti in qualche modo recuperati dall’espressionismo e dalla ricerca materica, innovandone la carica poetica e comunicativa.”

                              <wbr></wbr>                              <wbr></wbr>                              <wbr></wbr>                             Ugo Barlozzetti

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