Non c’è da prendersela coi savonesi se, sconvolti da una tragedia che poteva toccare a tutti, ieri hanno alzato la voce per chiedere di eliminare il traffico pesante in città, dopo anni di promesse di caselli di aurelie bis e di una viabilità finalmente pensata.
Perché i TIR in una città non ci dovrebbero neppure passare, e invece a Savona non transita altro: lo dimostra lo stato pietoso delle strade, che qui non conducono tutte a Roma, ma conducono tutte al porto, con la sua autorità bruciata.
Lo dimostra una puzza costante di diesel che certi giorni neppure il vento riesce a mascherare.
Lo dimostra lo sguardo stupito dei turisti quando chiedono perché colonne di camion infestano cittadine di mare destinate ad accogliere famiglie e bambini che l’inquinamento vorrebbero lasciarselo alle spalle, nelle grandi città da cui fuggono per arrivare qui.
Qualche anno fa aveva destato commozione la morte di Ilvana Giusto, che attraversava la strada in corso Mazzini ad Albisola Superiore senza immaginare che un TIR le avrebbe tolto la vita.
Ma da quel 2018 poco è cambiato, e ieri Savona si è svegliata nell’angoscia quando, poco dopo le otto del mattino, la stessa sorte è toccata alla ventiduenne Valentina, giovane savonese piena di vita e di amici che studiava all’università.
Aspettiamo, come tutti, le risultanze delle indagini sulla dinamica di questo ultimo tragico incidente, che si è oltretutto ripetuto con modalità pressoché identiche in serata a Sampierdarena, dove sotto le ruote di un TIR è morto Elio Arlandi, musicista.
Non sappiamo di strisce, di semafori o di pioggia. Però sappiamo quello che tante volte abbiamo detto e scritto: che i TIR in città non ci devono stare, e che la sequela di fallimenti di tutte le aziende che da venti o trent’anni dovrebbero aver già concluso l’Aurelia bis è la metafora perfetta di tutto quel che, da Savona a Roma, non ha funzionato mai.







