02 dicembre 2019 18:08

Savona calcio verso il baratro: sedotti e infinocchiati giornalisti, politici e tifosi

Dietro la crisi della società, imprenditori sfuggenti e una città che fatica ad ammettere di essere stata presa in giro (di Nicola Stella)

Savona calcio verso il baratro: sedotti e infinocchiati giornalisti, politici e tifosi

Giuro che non lo sapevo. Quando il 1 agosto scrissi in questa rubrica un articoletto un po' dubbioso sui nuovi e misteriosi padroni del Savona calcio (questo link: www.lanuovasavona.it/2019/08/01/leggi-notizia/argomenti/sciuscia-e-sciorbi/articolo/misteri-del-pallone.html), non immaginavo che la realtà fosse così vicina ai miei peggiori sospetti, suscitati da antichi ricordi di altrettanto misteriosi investitori: dai 100 milioni elargiti da un "amico" al Savona di Leo Cappello (ricordate? fu l'inizio dello scandalo Teardo) alla "testa di legno" che risultava amministratore della società dello sciagurato duo Quartaroli-Binacchi, stagione 1986/87. E anche adesso spero sinceramente di esagerare, mi auguro che salti fuori miracolosamente qualche salvatore della palla e che la società si possa risollevare.

Le premesse, purtroppo, lasciano prevedere il peggio e quanto accade non riguarda solo noi calciofili: fino a prova contraria, si può dire che un'intera città è stata infinocchiata. Qualche mese fa ai piedi del nuovo presidente Roberto Patrassi si prostrarono un po' tutti in un crescendo di consensi che contagiò progressivamente anche i più scettici, fino ad arrivare alla trionfale presentazione della squadra, con sindaca, assessori, autorità cittadine e tifosi incantati dall'"uomo con il panama".

Ora invece il Savona sembra allo sbando, con giocatori non pagati, con "puffi" o "pacchi" lasciati un po' da tutte le parti,  con il rischio concreto di un fallimento o addirittura di uno scioglimento, con presidente e direttore sportivo dimissionari e ormai fuori dai giochi (e dalla visuale). E con una domanda, la stessa che ponevo quest'estate: chi sono i padroni della società?

Il maggiore azionista (75 per cento) è uno sconosciuto, tale Antonio Villano: nessuno lo ha mai visto in città, non figura nemmeno nel consiglio di amministrazione; se non è un prestanome si faccia vivo. 

Nelle scorse settimane, ancor prima della bufera che ha accompagnato la rivolta dei giocatori senza rimborsi e sfrattati dall'albergo in cui alloggiavano, si è materializzato in società un nuovo personaggio. Si è presentato come Ivan e ha detto di essere un rappresentante degli investitori, la famosa "cordata" di imprenditori milanesi che l'estate scorsa attraverso Roberto Patrassi e per la cifra simbolica di un euro (più i debiti pregressi), ha rilevato il Savona dall'ex presidente Cristiano Cavaliere. Questo Ivan ha parlato con  giocatori, segreteria e dirigenti del settore giovanile, cercando di rassicurarli e promettendo che la società onorerà i suoi impegni. Successivamente si è saputo anche il cognome di Ivan, ed è Turola.

Ho provato a scrivere "Ivan Turola" su Google e il risultato non è stato incoraggiante. Vi risparmio la fatica: a meno di omonimie, un certo Ivan Turola, già candidato del centrodestra alle regionali, già presidente onorario dei City Angels di Milano, risulta indagato nel settembre 2018 in quanto "gestiva la cooperativa di copertura per il gruppo di trafficanti e spacciatori che da anni copriva soprattutto il territorio di Città Studi" a Milano (dal Corriere della Sera).

Per carità, un'indagine non è una condanna ma può essere una spiegazione: Patrassi era solo un frontman, al quale era stato demandato il compito di entusiasmare la piazza da parte di chi riteneva opportuno restare nell'ombra. Un frontman abilissimo, che ha convinto via via un po' tutti sventolando una fidejussione da un milione (ma esiste davvero? boh), promettendo la serie B in tre anni, il rifacimento del Bacigalupo e altri mirabolanti traguardi.

Il primo degli infinocchiati in ordine di tempo è stato il consigliere comunale Alessandro De Lucis, che sollevò il "caso Bacigalupo" la scorsa estate, incominciando a minare la posizione dell'ex presidente Cavaliere, già inviso ai tifosi per i modesti risultati sportivi della prima squadra. Dopo di lui, quasi tutte le testate giornalistiche locali (cartacee e on line, chi più e chi meno), la terza commissione e via via i gruppi politici di maggioranza e opposizione, senza dimenticare dirigenti e funzionari del settore sport del Comune che avrebbero dovuto vigilare su quanto stava accadendo. Strano a dirsi, il più restio a farsi infinocchiare è stato l'assessore allo sport Maurizio Scaramuzza, che con la società retta da Cavaliere aveva concordato un percorso per la gestione del "Bacigalupo" a costo zero per le casse comunali. Ma alla fine anche lui ha partecipato al trionfo estivo dell'uomo con il panama.

Resta il dubbio se infinocchiati o complici consapevoli siano stati i sette consiglieri di minoranza che consegnarono le loro deleghe a Patrassi per mettere in difficoltà l'ex presidente Cavaliere nell'assemblea dei soci del 27 giugno. Tra loro anche Enrico Caprioglio, fratello della sindaca. A raccogliere le sette deleghe e a consegnarle a Patrassi fu un altro socio di minoranza, Alessio Albani, già genero dell'ex presidente Aldo Dellepiane e imprenditore nella sanità privata.

Infinocchiati, infine, ed è triste dirlo, sono stati i tifosi: il loro malcontento nei confronti della precedente gestione è stato usato da Patrassi come un ariete per indurre Cavaliere a liberarsi del Savona. Oggi sono loro i più delusi e preoccupati in una città che fatica ad ammettere di essere stata presa in giro.

Nicola Stella

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