News20 ottobre 2020 07:58

Discorsi pandemici e violazioni etiche

In tutti i Paesi del mondo assistiamo alla tragica incapacità da parte delle autorità politico-sanitarie di ricorrere all’assunzione delle colpe e delle proprie responsabilità, venendo meno al concetto etico dettato dall’onestà intellettuale di ammettere i propri errori (di Armando Ciriello)

Discorsi pandemici e violazioni etiche

Il Covid nel mondo ha prodotto 40 milioni di persone contagiate e 1,1 milione di persone decedute fino ad oggi, ma ritengo che le cifre riportate siano fortemente sottostimate.

La morte non fa notizia perché è diventata assordante e, come tutti i rumori, crea un senso di fastidio che va rimosso oppure tollerato come una questione che riguarda altri, ma non noi!

La percezione che si muoia per Covid si dà non più come un Fatto, ma come una diaspora che ci divide su tutto, diventa un evento procedurale, una “seccatura” legata alla valutazione del rapporto tra risorse economiche e gestione sanitaria, la cui priorità in termini di scelte operative non si basa su evidenze scientifiche condivise, ma sulle urgenze che si vengono a determinare di giorno in giorno in virtù della diffusione esponenziale della pandemia.

In tutti i Paesi del Mondo assistiamo alla tragica incapacità da parte delle autorità politico-sanitarie di ricorrere all’assunzione delle colpe e delle proprie responsabilità, venendo meno al concetto etico dettato dall’onestà intellettuale di ammettere i propri errori rispetto a ciò che non è ancora noto e di quanto l’ammissione di aver potuto sbagliare rappresenterebbe, invece, il primo passaggio che potrebbe orientare le scelte più adeguate. Abbiamo assistito, in questi mesi, alla proclamazione che il virus Cov-Sars2 avesse subito una mutazione che lo aveva reso più compatibile con la sopravvivenza dell’ospite, ma questo non accade. Innanzi all’ignoto i governi omettono le proprie manchevolezze, imponendo visioni demagogiche, fanatiche e ideologiche.

 In questo senso le misure adottate dai governi, spesso, rappresentano il compromesso teso al mantenimento del consenso, all’auto-affermazione individualistica del proprio potere, ad una sorta di nichilismo applicato alle sorti sia del destino dell’umana sopravvivenza, sia di tutto il sistema bio-psico-sociale.  

L’ipotesi definitoria che proclama l’assunzione dogmatica delle verità apre le porte al disorientamento sociale, alla confusione, al rischio di disordini di ordine pubblico (vedi negazionismi, no vax, gilet arancioni, sostenitori del regime sanitario, anti-mask, ecc.). Al contrario, tutti possiamo prendere atto che questa pandemia sia la più drammatica della nostra contemporaneità, al di là delle dispute ideologiche, sanitarie, politico-economiche, e che preannuncia la morte deprivata dalla dignità di lutto (si consiglia di prendere visione di “La forza della nonviolenza”, Butler, 2020).

Tutte le volte che l’umanità viene messa in scacco sia dall’interno o dall’esterno, trova spesso una lettura negazionistica; è accaduto sempre che i fatti della storia siano stati scritti da coloro che sopravvivono ai cambiamenti catastrofici e la loro interpretazione non sempre è sostenuta da verifiche testimoniali.

Il Fanatismo politico, scientifico, giornalistico, sta determinando che le vittime del Covid non siano solo espressione dell’impotenza e della caducità umana, ma degrada la morte ad un atto che diventa violenza nel momento in cui essa perde il valore ontologico dell’essere al mondo, sancito dalla dimensione di vivere il Lutto, dall’essere uniti dalla morte (Heidegger, 1927,“Essere e Tempo”,) come condizione primigenia dell’umanità. Non c’è posto per il rispetto, per il lutto, per il dolore che tutti noi dovremmo sempre mettere come pre-concezione (Bion, Trasformazioni, 1970) del nostro vivere, mentre coloro che se ne vanno lo fanno senza alcuna possibilità di un ultimo con-tatto.

La violenza ideologica in tutte le sue forme s’insinua ovunque, e fa più paura della morte stessa che rimane unica certezza, mentre la confusione regna sovrana. Ciò non è espressione del principio che regola l’entropia universale, ma del Potere in tutte le sue forme che fa del disorientamento culturale e politico-economico l’arma più potente per assumere posizioni aleatorie e illusionistiche per il conseguimento di vantaggi individuali, condannando il senso etico emblematico di un patto sociale condiviso basato sulla corresponsabilità emotiva e cognitiva.

 Parafrasando lo scrittore latino Vegezio, che sosteneva “Si vis pacem, para bellum”, Freud in “Perchè la guerra?” (1933) riprende il motto di Vegezio all’interno dello scambio epistolare con Einstein per sottolineare la dimensione violenta della natura umana, soggiacente a impulsi distruttivi che si esplicano attraverso i movimenti delle masse, la propaganda politica, la forza degli eserciti, la presunta superiorità intellettuale dei potenti come forme manipolatorie tese all’auto-distruttività. La consapevolezza di ciò fa della psicoanalisi una scienza umana non del “bel dire”, ma forse uno strumento che può aiutare ad incarnare, come coscienza collettiva, i limiti della nostra natura distruttiva, pena l’impossibilità di un pensiero sulla nostra condizione umana che sia capace di guidarci sia nei momenti difficili che l’esistenza ci riserva, e sia per disinnescare i nostri auto-sabotaggi di sistema.

Questi mesi sono stati all’insegna della propaganda politica, in tutti i paesi del Mondo, forse fa eccezione l’Africa, che per contrappasso è il continente che ha subito meno (sembrerebbe) il flagello pandemico.

Mi pare che negli altri continenti, tanto che ci sia un totalitarismo di sinistra, o una falsificazione liberistica e consumistica post-feudataria, nulla abbiamo appreso dall’esperienza vissuta in questi 10 mesi, e questo è il dato più preoccupante.

Spero che si possa almeno non ignorare la coscienza che solo alla morte non ci sia rimedio, e che questo possa indurci ad assumere l’aforisma di Turati: “si vis pacem para pacem!”.

 

 

 

 

 

Armando Ciriello

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