C’è però una differenza: le poste svolgono (dovrebbero svolgere) un servizio pubblico, ma son felicemente private.
Tanto che l’azienda si chiama Poste Italiane SPA, e non è neppure in rosso.
Anzi, a quanto pare gode di bilanci mica male.
Certo, nel frattempo lo spirito delle poste si è un po’ perso da quando al suo posto sono arrivate le centinaia di proposte bancarie, finanziarie, assicurative ad intasar gli sportelli.
Tanto che già molto prima del maledetto coronavirus chi avesse la ventura di dover spedire un pacchetto stava in coda per ore, perché la maggior parte dell’impegno postale si è spostata appunto sul vil danaro e i suoi prodotti.
Ora però in più abbiamo la pandemia.
E la gente anziché stare in coda dentro, al caldo e seduta, sta in coda fuori, in piedi come i cavalli, sotto la pioggia o spazzata dal vento gelido di dicembre.
In molti uffici postali della provincia gli orari son ridotti al lumicino, proprio nel momento in cui dovrebbero essere ampliati il più possibile per evitare appunto quegli assembramenti che tanto spaventano gli esperti.
Motivo, la carenza di personale.
Assumerne, si vede, pare brutto.
Che i soldi per stipendi e contributi non si grattano mica dai muri, e bisogna ingrassare gli azionisti.
Quindi lasciamo pure il servizio dimezzato o ridotto a un terzo.
Al massimo l’assembramento, come è capitato perfino nella nostra educata Savona nei giorni scorsi, si trasforma in rissa e si chiamano i Carabinieri.
Sempre che la carenza di organico permetta all’Arma di accorrere per sedare gli animi esasperati.