Crisi Complessa28 gennaio 2024 12:22

Doppia cassa

Raddoppiate nell'ultimo anno le ore di cassa integrazione in provincia di Savona. Isolamento infrastrutturale, arretramento tecnologico, fragilità economica (di Franco Astengo)

Doppia cassa

Tra il 2022 e il 2023 sono raddoppiate le ore di cassa integrazione nella provincia di Savona.

Considerata la fragilità del nostro tessuto produttivo è evidente che si tratta di alcuni casi di grande portata: la SANAC, ultimo aggancio al ciclo siderurgico, la Piaggio per la quale esiste una questione di competitività tecnologica che coinvolge anche gli stabilimenti sussidiari, la Noberasco che ha attraversato un periodo di forte difficoltà.

Appare evidente che manca un bilancio vero e serio degli esiti di quell'area industriale di crisi complessa in itinere dal 2016.

Intanto sono esplosi i casi del rigassificatore nella rada di Savona - Vado e del deposito di GNL sempre nel porto di Vado all'interno del quale si dovrebbero costruire i cassoni per la nuova diga foranea di Genova: tutte attività (prescindendo dalla questione ambientale che nel caso del rigassificatore è assolutamente prioritaria) a bassissimo tasso di know-how e di conseguenza a bassissimo incremento occupazionale.

  Istituzioni, imprenditori e sindacato avevano puntato molto sulla costruzione della piattaforma Maersk a Vado Ligure allo scopo di incrementare traffici portuali e logistica. Addirittura si è parlato di Vado come uno dei terminali della “nuova via della seta” che l’espansionismo economico cinese stava aprendo tra l’Estremo Oriente e l’Europa e che il governo Italiano ha abbandonato per ragioni di carattere geopolitico allo scopo di accentuare il proprio allineamento agli USA.

 Cancellata colpevolmente la presenza industriale a Savona Città dallo scambio deindustrializzazione /speculazione edilizia il nodo più intricato del rapporto lavoro/territorio nell’area vadese e in quella della Val Bormida è stato rappresentato dal rapporto lavoro/ambiente emblematizzato da due vertenze storiche: quella ACNA durata decenni e diventata “caso europeo” e quella Tirreno Power. Assieme alla (altrettanto colpevole) dismissione di Ferrania dovuta alla miopia di quella dirigenza industriale in una fase di radicale trasformazione tecnologica del settore, le vicende ACNA e Tirreno Power hanno posto in evidenza il tema delle aree dismesse e del loro necessario riutilizzo e bonifica.

Il caso clamoroso rimane quello dell’ACNA.

Con questo intervento si trascurano, per ragioni di spazio, una serie di considerazioni che pure dovrebbero essere svolte al proposito di diversi argomenti (invecchiamento della popolazione, migrazione, fuga dei cervelli, importante presenza di piccola industria e artigianato).

Lo scopo di questo testo è soltanto quello di riavviare una discussione sui nodi di fondo: senza una presenza industriale adeguata, anche e soprattutto dal punto di vista della qualità tecnologica, non sarà possibile alcun rilancio: i servizi fuggono (logicamente) e il turismo è di secondo, se non di terz’ordine gestito corporativamente e in dimensione meramente speculativa e in ogni caso settore sempre e comunque complementare in una situazione come la nostra e più in generale, siamo vicini, ma non siamo la Costa Azzurra (sul cui territorio comunque non sono rose e fiori).

L’idea sarebbe quella di riflettere su di una “vertenza industria” da supportare con un’adeguata capacità di programmazione, individuando settori e aree d’insediamento e sollevando il tema - decisivo - dell'isolamento del nostro territorio sul piano infrastrutturale stradale e ferroviario: isolamento da rompere lavorando soprattutto in funzione del rapporto tra la provincia di Savona e il Nord Ovest.

Franco Astengo

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