A parer nostro, però, questo non è molto importante: la concessionaria “non deve toccare neppure una pietra” secondo il mantra del vicepremier Di Maio, ma a Genova sono in molti a preferire alle lotte di principio un nuovo ponte operativo al più presto. E li capiamo: i ricorsi potrebbero rallentare la ricostruzione e questo sarebbe devastante per l'economia ligure già messa a dura prova dal disastro del 14 agosto.
Il sentimento comune dei genovesi, che Bucci interpreta alla perfezione, è semplice: ricostruite il ponte, poi pensate alle revoche e alle azioni legali.
Quindi, pazienza se al ridente Castellucci verrà data la possibilità di demolire ciò che resta del ponte Morandi, pagando, e fare il progetto, pagando: in fondo, meno fanno, meno pagano. Meno pagano, più risparmiano, e ogni soldo risparmiato è un soldo guadagnato. E il titolo in Borsa va di conseguenza.
Quel che turba noi, che purtroppo un po' la Liguria la conosciamo, è la 'ndrangheta.
Le ovvie richieste della Casa della Legalità sono state ignorate da tutti, ma poi per fortuna è arrivato Cantone, che ha detto mesi dopo nulla più di quel che scriveva Christian Abbondanza a ridosso del crollo: il rischio di infiltrazioni nella ricostruzione è altissimo.
Il vero problema del decreto Genova è la bocciatura dell'emendamento che recepiva i rilievi fatti da Cantone.
Ieri il primo ministro Conte ha diffuso una nota dove spiegava che «evitare un bando di gara non significa evitare l’adozione di tutte le opportune cautele».
E Cantone è stato ricevuto da Salvini per affrontare il problema e trovare le possibili soluzioni.
Che ci auguriamo siano state trovate e siano davvero a prova di mafie.