News31 marzo 2019 17:59

Accelerando qui dove si frena

Una Savona possibile, più viva e anche più ricca, emerge quasi plasticamente dalle parole di Deca, al secolo Federico De Caroli, musicista e compositore savonese che, ben più noto altrove che nella città dove ha coraggiosamente scelto di restare, segue la regola aurea del “nemo propheta in patria”

Accelerando qui dove si frena

Perché del rilancio del Priamar si parla solo durante le campagne elettorali?

Perché si continua a vivere solo sui vecchi adagi del lavoro in porto e delle industrie che non ci son più senza mai analizzare seriamente le possibilità offerte da un uso sapiente di arte e cultura?

Davvero dobbiamo accettare per Savona un futuro fatto solo di facchini e camerieri a ore e di giovani costretti ad emigrare?

Perché in pochi anni il concetto di “evento” è passato da Patti Smith ai concerti delle cover band di provincia, per quanto brave?

Queste le domande che Deca si pone come artista e che rivolge a chi gestisce la città, tutta impegnata a disquisire di spazzatura, tasse che aumentano, parcheggi che mancano e deiezioni canine: un magma di tristezze che nella migliore delle ipotesi fanno girare i soldi tassando i cittadini, non investendo.

 E quasi non si accorge di avere una fortezza sul mare che potrebbe essere una miniera d’oro e non prova a fare il grande salto: ragionare seriamente sull’equazione cultura = impresa.

Ogni euro investito in cultura, in Italia molti lo sanno, ne rende tre. Allora perché non provare davvero a disegnare un piano di rilancio artistico-culturale che seppur ovviamente sulla lunga distanza porterebbe a Savona respiro e benessere?

È tradizione tanto mesta quanto da tutti rispettata che a Savona, del potenziale del Priamar come cittadella di arte, cultura e spettacolo, si smetta di parlare dal giorno successivo alle elezioni amministrative: eppure i Musei che ospita sono importanti, i loro orari andrebbero ampliati e non tagliati, ci sono spazi stupendi per mostre e attività temporanee anche commerciali, se ben organizzate. I numeri insomma sarebbero tutti dalla parte di chi avesse solo il coraggio di metterci mano dignitosamente.

Non ci sono i soldi: con questo refrain che quanto a noia sta alla pari solo con la “colpa di quelli di prima” le attività culturali a Savona si stanno riducendo progressivamente fino ad azzerarsi, e se i soldi non ci sono oggi è proprio perché il capitale a monte, che pur esiste, non è stato mai messo a frutto.

Eppure i cervelli ci sono: allora perché non creare un team di “segugi” che cerchino i fondi per ridare ossigeno alla città?

Ci sono i fondi europei, ma ci sono anche gli imprenditori privati che se annusano un’idea buona e fattibile investono sapendo che avranno un ritorno: Deca porta l’esempio di Alba, che vive una seconda giovinezza oltre al tartufo grazie all’intuito della Fondazione Ferrero che organizza mostre importanti e ottiene in cambio visibilità, città piena e un manto culturale che male non fa.

Fare cultura in una città di piccole dimensioni sarebbe tutt’altro che impossibile purché si inizi a ragionare in maniera imprenditoriale: non si inquina, si crea lavoro e si eleva la qualità di vita della cittadinanza.

Un libro dei sogni? Forse sì: se nulla di tutto ciò è mai stato fatto ci sarà un motivo, dice Deca che però non rinuncia a immaginare per Savona un futuro più roseo: anche perché se si riesce a costruire un sistema che funzioni poi si trovano i soldi per tutto, per scaldare le scuole e per raccogliere la spazzatura dalle strade, per le case popolari e per incentivare i giovani a studiare e darsi da fare pensando che proprio qui, nella loro città, c’è una prospettiva per loro.

Cose che si posson fare in non meno di 10 anni, certo, ma val la pena di iniziare: a Savona, un artista lo vede con la massima chiarezza, non sta succedendo niente di culturale, va avanti solo il programma del Chiabrera, ma per il resto è buio.

Le stesse notti bianche di luglio hanno avuto un calo a livello di proposta, se alla fine gli eventi principali sono cover band che per brave che siano non danno un apporto tale per cui uno che vive a Pietra Ligure o a Genova dice “stasera parto e vado a Savona”.

Fatti che pure in passato sono accaduti: quando leggende come Keith Emerson, Patti Smith o i Manhattan Transfer si son presentate all’ombra della Torretta la città si riempiva di persone che arrivavano da fuori regione, e non le fermavano certo i parcheggi che mancano o la viabilità complicata.

Adesso invece si cerca solo di stare a galla spendendo il meno possibile: come avere fame e dieci euro in tasca, e dover decidere se mangiare al bar o dal panettiere.

Una metafora calzante detta da chi, proprio in questi giorni, sta organizzando un festival con 40 eventi tra maggio e settembre e nomi del calibro di Salvatore Accardo o Antonella Ruggiero.

Nomi, quelli del festival Accelerando, che purtroppo per noi allieteranno le serate di Genova più spesso che quelle savonesi: se mentre sul Genovese vengono messe a disposizione location come Palazzo Ducale, Palazzo Reale, la Casa della Musica o Villa Durazzo a Santa Margherita, qui pur con ammirazione e pacche sulle spalle non si può ottenere più di un patrocinio gratuito.

E gli unici concerti di Accelerando che vedremo a Savona saranno nell’Oratorio di Nostra Signora di Castello, tanto bello quanto piccolo, perché a dare la disponibilità per ospitare eventi è stato il Priorato.

Perché non il Priamar, chiediamo a Deca? Domandatelo al Comune, ci risponde. L’amministrazione regionale ultramediatica di Toti invece non si è fatta scappare l’occasione e ha aperto tutte le porte: da Genova insomma, ammette Deca a malincuore, è arrivato un certo tipo di feedback che da Savona è mancato.

Chiediamo a Deca di immaginarsi per un attimo assessore: cosa farebbe? Sono un artista, ci risponde, non un politico: ma quel che so è che un amministratore dovrebbe lavorare sempre in sinergia con gli operatori del settore culturale. Perché si facesse anche solo una una cosa all’anno a Savona, ma un evento di cui si parli, sarebbe già un inizio: una mostra importante, per esempio. Come a Mantova, Cremona, Ferrara: sono lontani i tempi in cui solo Roma o Milano potevano ambire a immaginare eventi di rilievo.

Idem per i musei cittadini, che potenzialità ne hanno da vendere, ma vanno aiutati: a vent’anni, ci racconta, vedevo il Museo Pertini con la sua collezione splendida e pensavo “ma io pago volentieri per opere di tale prestigio”. Quel potenziale, però, bisogna metterlo a frutto, facendo una seria opera di  marketing sul web, sui social. Ormai chiunque abbia fatto una crociera da Savona c’è passato, sa che esiste. E a ciascuno si potrebbe, e si dovrebbe, dare quel che cerca: storia, arte, musica, archeologia: il Priamar sotterraneo è un posto mozzafiato!

All’opinione pubblica vien dato a intendere che le priorità son più stringenti e pratiche, che “bisogna pensare alle cose serie”, continua De Caroli: giusto occuparsi di spazzatura e mezzi pubblici, di riscaldamento delle scuole, ma per farlo devono esserci i soldi e un progetto: la cultura è una cosa seria, eccome se lo è. È una branca che, ben gestita, assicurerebbe crescita e ricchezza a una città che gode di un bel clima e di un discreto patrimonio artistico ed enogastronomico.

Lo dice senza vittimismo ma con consapevolezza, Deca: “Per noi, figure della cultura e dell’arte savonese che abbiamo continuato a vivere qui e che abbiamo una discreta rilevanza a livello nazionale e alcuni anche a livello internazionale, Savona è il posto dove sempre abbiamo dovuto sudare di più, fare più fatica per avere un risultato. Io stesso posso affermare che uno dei posti dove ho fatto meno concerti, dove ho meno visibilità è proprio la mia città. L’ arte poi è considerata una professione da privilegiati, come se non fosse veramente un lavoro. Ti chiedono si ok, fai musica ma qual è il tuo vero lavoro? Come se fare il musicista fosse un hobby, e questo è un problema nazionale”.

Da trent’anni Deca organizza in tutta Italia rassegne di musica elettronica e d’avanguardia con un peso culturale forte, un circuito di nicchia ma che gode di grande visibilità e successo di pubblico: a Milano, ci dice, ho suonato nella rassegna dei mostri sacri: Sigillum S, Officine Schwartz.

Gli chiediamo poi della musica che produce per la Rai, uno “scoop” recente ma dalle radici antiche: “Faccio musica per la Rai da più di 10 anni, ma qui a Savona non si sapeva prima che il mio ufficio stampa mandasse ai media locali il comunicato che la mia musica è utilizzata dal programma “Prima dell’alba”, una trasmissione molto seguita.

Per me non è nulla di eclatante, fa semplicemente parte del mio mestiere. Certo che la Rai è sempre una cassa di risonanza, ora a Savona mi fermano per strada per complimentarsi e a me fa piacere, ma appunto son dieci anni che lo faccio”.

“Si continua a vivere qui perché è bello, perché è in Riviera, constatando che tutto quello che hai seminato qui è germogliato altrove: a Savona son riuscito a fare la “Notte dei pianisti”, un evento benefico al Chiabrera, nel 2017; ma è dal 2007 che si parla di un mio concerto al Chiabrera con anche altri artisti ospiti, e non lo abbiamo mai fatto. Doveva essere un altro grande evento con finalità benefiche, ma non è mai andato in porto.

Qui ho fatto due concerti al Teatro Sacco, perché ero direttore artistico e son riuscito a organizzarli.

Quando è uscito “Isole invisibili” ha avuto un’eco mediatica enorme, eppure non è mai stato fatto un concerto ufficiale di presentazione a Savona, se non una serata da Temide, con una trentina di amici. Il concerto di presentazione è stato fatto a Milano alla Feltrinelli di piazza Duomo, dove poi mi hanno invitato ancora e dove mi dicono “per lei le porte son sempre aperte”.”

Savona, se ci sei batti un colpo.

Giovanna Servettaz

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