News29 settembre 2019 11:35

Pubbliche assistenze, incognite private

La destra regionale vuole affidare il trasporto sanitario a privati. Che fine faranno le Pubbliche Assistenze? Ne parliamo con Marco Ravera, capogruppo di Rete a Sinistra in Comune a Savona

Pubbliche assistenze, incognite private

Quando in luglio scoppiò la polemica sulla delibera del carrozzone regionale Alisa che mette a gara il trasporto sanitario, finora affidato alle Pubbliche Assistenze, a Savona si parlava già da tempo del problema.

Era febbraio, infatti, quando Marco Ravera e Mauro Dell’Amico avevano presentato (per la seconda volta) una mozione sul tema in Consiglio comunale.

La maggioranza di Palazzo Sisto, as usual, ha respinto la mozione dell’opposizione e ne ha presentata una propria, per poi ritirarla con la scusa che “tanto ci pensa la Regione”.

E la Regione ci ha pensato eccome: il 24 settembre la giunta guidata da Toti, che quando si tratta di privatizzare qualsiasi cosa mette il turbo, ha approvato un disegno di legge sul riordino dei trasporti sanitari in Liguria.

Per Toti e Viale, manco a dirlo, il disegno di legge è perfetto: tutela le assistenze, tutela i cittadini e, soprattutto, applica la sentenza del Consiglio di Stato che aveva messo in discussione l’assegnazione del trasporto sanitario in maniera diretta alle pubbliche assistenze.

Tutto giusto, quindi?

Davvero non si poteva far di meglio?

Lo chiediamo a Marco Ravera, capogruppo di Rete a Sinistra nel Consiglio comunale savonese.

E forse, al contrario di quanto affermano in piazza De Ferrari, qualcosa di meglio si poteva fare.

Per esempio, aspettare la sentenza della Cassazione e il pronunciamento europeo, come aveva chiesto Rete a Sinistra.

Aspettare insomma di essere obbligati, perché ad oggi la Regione non è in alcun modo costretta a mettere a gara il trasporto dei malati.

Se la Cassazione ribaltasse la sentenza del Consiglio di Stato - si chiede Ravera - cosa si fa?

Tornare indietro a gara già partita sarebbe impossibile.

Nel frattempo, il rischio a cui si va incontro con la gara è doppio.

Rischio 1: la perdita di posti di lavoro, perché nelle Pubbliche Assistenze, quelle che comunemente chiamiamo “Croci”, lavorano volontari ma anche dipendenti.

Il disegno di legge voluto da Sonia Viale lascia alle Pubbliche Assistenze solo le urgenze (tradotto, tanta responsabilità e nessuna risorsa), mentre il servizio  ordinario, come quello per le dialisi o da un reparto ospedaliero all’altro (che consentiva alle croci non certo di arricchirsi, ma magari di stare in piedi) verrebbe messo a gara.

Risultato previsto: un bel taglio dei dipendenti delle Pubbliche Assistenze.

Rischio 2: chi garantisce che i vincitori della gara abbiano la stessa professionalità e la stessa capacità di coprire il territorio delle Pubbliche Assistenze che operano ora?
Chi garantisce che i piccoli Comuni potranno contare su un servizio capillare come è stato finora?

Il privato, anche il più virtuoso, opera dove ha un interesse economico, oppure chiude.

Quindi è facile che nelle città più grandi non ci si accorga neppure del cambiamento, ma che nei paesi più piccoli il servizio venga fortemente ridimensionato.

Il tutto per far partire a rotta di collo una gara per un servizio come quello della pubblica assistenza che, ad oggi, si potrebbe tranquillamente conservare com’è.
In attesa delle sentenze.

Ma la fretta di privatizzare non perdona: la Lega non perde mai occasione di schierarsi contro l’Europa, ma quando si tratta di mettere in pratica le politiche ultraliberiste proposte da Bruxelles è sempre la prima.

Giovanna Servettaz

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