La caratteristica forse più notevole dell’incontro organizzato dal gruppo “Il Rosso non è il nero” che si è tenuto ieri alla SMS Giardini Serenella non è l’elevata qualità del dibattito, di cui peraltro chi scrive non dubitava: è la capacità dei relatori e degli intervenuti di immaginare - e soprattutto di permetterci di immaginare - un futuro politico a sinistra.
L’incontro presieduto da Dilvo Vannoni, al quale hanno partecipato come relatori Gabriella Branca e Franco Astengo, ha visto molti interventi: tra gli altri Sergio Acquilino, Antonio Vallarino, Samuele Rago, Anna Traverso, Jacopo Marchisio, Pino Raimondo e Sergio Tortarolo.
Un incontro che, osserva Franco Astengo, ha tenuto fede al suo titolo: alla passione politica espressa dai tanti partecipanti si è intrecciata una discussione che ha oltrepassato i temi della scadenza referendaria, ponendo la prospettiva stessa del rilancio della democrazia costituzionale e di una ripresa di presenza politica a sinistra: un segnale di richiesta di vitalità che il gruppo intende assolutamente raccogliere.
Nella maggior parte degli interventi sono stati considerati facilmente smontabili gli argomenti “di pancia” lanciati dal Movimento 5 stelle per arrivare alla votazione parlamentare che ha dato via libera alla legge: particolarmente debole la tesi riguardante i costi dell’istituzione parlamentare che, invece, con il taglio numerico proposto, finirebbe con il trasformarsi sempre di più in una sede di arroccamento nella detenzione del potere, tanto più che rimarrà il metodo antidemocratico delle liste bloccate usato fin qui per la designazione dei parlamentari, che comporta che gli eletti non siano coloro che ottengono più voti ma quelli ai primi posti della lista.
Emolumenti e privilegi restando invariati, sempre più folle sarà la corsa ai posti migliori in lista.
Il personalismo avviato a partire dall’elezione diretta dei Sindaci verrà ulteriormente esaltato, come emerge in questi giorni dagli stessi manifesti elettorali per le regionali, in cui ognuno - salvo rare e lodevoli eccezioni - corre per sé.
Vedremo insomma un trinceramento nelle logiche di tipo corporativo che hanno invaso la funzione dei partiti provocando la attuale crisi sofferta dal sistema: un sistema che oggi è fragilissimo e privo di consenso nel paese.
È stato rilevato come, addirittura a differenza del disgraziato progetto bocciato dal Referendum del 2016, sia totalmente assente in questo caso una qualsiasi visione di prospettiva per il funzionamento delle istituzioni democratiche: funzionamento che deve essere l’unica finalità concessa a una modifica costituzionale.
Le istituzioni vivono una situazione delicatissima (ricordiamo che in questi giorni Il Presidente della Repubblica ha firmato la conversione in legge del Decreto semplificazioni con una nota molto dura e dettagliata circa le incongruenze rilevate nel testo, e non è la prima volta) resa ancor più complessa dall’emergenza sanitaria e dalla crisi economica: un altro motivo per respingere con fermezza l’idea di indebolire ulteriormente il Parlamento.
Mai come adesso l’equilibrio tra i poteri dello Stato deve essere preservato, considerando che si tratta di un equilibrio già compromesso dal sempre più frequente tentativo del potere esecutivo di soverchiare quello legislativo che abbiamo osservato negli ultimi decenni.
Serve l’avvio di una forte discussione nel Paese sui temi che il quesito referendario non affronta limitandosi a chiedere l’approvazione per un taglio lineare della rappresentanza politica e territoriale.
Un’ipotesi che, in queste condizioni, è stata definita nelle conclusioni come un vero e proprio “salto nel buio”.
Il “NO” rimane quindi l’unica risposta costituzionalmente valida, rifiutando strumentalizzazioni che potrebbero venire da destra e da settori che, arbitrariamente, vorrebbero legare il voto alla tenuta del governo: strumentalizzazioni da respingere senza esitazioni.