"In questi giorni è stata pubblicata la relazione annuale della Direzione Investigativa Antimafia (DIA) relativa al 2024, presentata il 27 maggio 2025. Un documento ufficiale che conferma con chiarezza ciò che denuncio da anni: la mafia in Liguria non è una minaccia astratta, è una realtà operativa, radicata, silenziosa, che si è perfettamente integrata nel tessuto sociale, economico e istituzionale della nostra regione" dichiara Traverso.
"Questa conferma arriva pochi giorni dopo il dibattito pubblico cui ho partecipato a Sestri Ponente, durante il quale ho ribadito con forza che la mafia oggi ha abbandonato i metodi eclatanti per adottare un modello di controllo soft, ma ancora più pericoloso. Non servono più intimidazioni plateali: oggi si conquista potere attraverso la corruzione, la complicità e il silenzio.
La DIA descrive una Liguria come “territorio d’interesse” per la ’ndrangheta, nodo strategico nei traffici internazionali di droga, con rapporti stabili tra cosche calabresi e ambienti economici e amministrativi locali.
I numeri sono chiari: 185 atti intimidatori in 10 anni, 14 dei quali rivolti a sindaci e amministratori pubblici.
Questo non è più un allarme: è un quadro consolidato, una realtà sottovalutata, che avanza mentre la politica spesso tace".
"Non basta più denunciare: serve un’azione istituzionale forte, coordinata, concreta. Come dirigente del SIAP, lo ribadisco da tempo, e oggi più che mai è necessario dirlo con chiarezza:
La Regione Liguria deve attivarsi formalmente, chiedendo ai Prefetti delle quattro province di farsi portavoce presso il Governo della gravità della situazione.
È necessario che venga richiesto al Dipartimento della Pubblica Sicurezza un rafforzamento concreto degli organici delle forze di polizia, perché senza uomini, mezzi e risorse, il contrasto alla criminalità organizzata resta parziale e inefficace.
Il personale attualmente presente non è sufficiente a garantire un controllo costante e profondo del territorio, soprattutto nei contesti più esposti alle infiltrazioni mafiose".
"Servono azioni strutturate, non cìdichiarazioni:
• Più attività investigativa, stabile, strategica e non episodica.
• Più intelligence, per anticipare anziché inseguire.
• Più prevenzione culturale e sociale, a partire dai giovani.
• Più coordinamento operativo e istituzionale, a livello territoriale e nazionale.
• Più dialogo tra le istituzioni, senza ambiguità e senza alibi.
• Più ascolto dei territori, che da tempo segnalano presenze mafiose normalizzate.
• E più forze in campo, con un rafforzamento immediato e strutturale degli organici della polizia, dei carabinieri e della guardia di finanza.
Solo così sarà possibile ricostruire un tessuto sociale capace di resistere alla pressione mafiosa, un tessuto impermeabile al ricatto, alla rassegnazione e alla paura.
Non possiamo più aspettare. Non possiamo continuare a rimuovere. Oggi, agire è un dovere.
Non abbassiamo la guardia. Non ci abituiamo al silenzio. Continuiamo a denunciare, a resistere, a costruire legalità".