Andrea Pasa, segretario della Camera del Lavoro di Savona, in un'intervista pubblicata il 20 agosto da "La Stampa" rilancia l'ipotesi di aprire una "Vertenza Savona" ponendo al centro dell'iniziativa politica e sociale il tema del lavoro nella nostra realtà.
Tema del lavoro considerato quale elemento fondamentale per una ripresa di centralità del territorio e di uscita da un ormai antico isolamento.
Appare assolutamente ragionevole un pieno appoggio all'iniziativa operando per un coinvolgimento delle forze politiche e sociali allo scopo di realizzare con le una sinergia immediata con le istituzioni attorno ad alcuni precisi obiettivi.
In questa occasione ricordiamo soltanto alcuni punti essenziali di riferimento che la nostra Associazione ha da tempo individuato e compresi sia nel documento "Savona sviluppo e progetto" elaborato per sostenere una presenza nelle elezioni amministrative di Savona 2021 sia successivamente in diversi altri frangenti di confronto e iniziativa.
In questo senso:
1) E' necessaria una ridefinizione delle aree in cui è suddivisa la provincia e sulle diverse necessità d'intervento. Soprattutto sarebbe indispensabile analizzare forme economiche che mantengono strutture di tipo corporativo ormai anacronistiche rispetto alla dinamicità richiesta da nuovi processi di possibile crescita in diversi settori e riflettere sulle caratteristiche strutturali di un calo demografico da intendersi come grave sintomo della crisi savonese per essere così accentuato e di lunga durata.
2) Questione vitale è quella del recupero a un flusso di interventi produttivi per l'area del savonese e della Valle Bormida che, vista gli esiti concreti della dichiarazione di area industriale di crisi complessa, necessitano di una specifica pianificazione che affronti tre nodi fondamentali:
a) quello infrastrutturale sia in sede ferroviaria, sia in sede stradale: l'uscita dall'isolamento rappresenta la "conditio sine qua non" per una ripresa della crescita;
b) la bonifica delle aree colpite dalla de-industrializzazione sia nel Vadese, sia nella Valle Bormida, come nel Ponente (pensiamo alle aree ex-Piaggio di Finale);
c) un ruolo attivo delle forze politiche, delle istituzioni, del sindacato nel costruire incisivi rapporti nei riguardi della Regione e dello Stato .
d) l'apertura di una riflessione che porti ad avanzare una progettualità "strategica" sui grandi temi delle nuove forme di lavoro, della sostenibilità ambientale, di una moderna offerta di vivibilità.
3) è necessario inoltre un forte riferimento al ruolo della cultura , della scuola e dell'Università. Non basta un "tavolo" di compensazione e il ruolo della Provincia, amministrazione ormai ridotta a luogo di scambio pre-ordinato tra le forze politiche. Si richiama allora la necessità di una nuova strutturazione stabile da realizzarsi, proprio nell'ambito di un coordinamento provinciale, a livello comprensoriale.
4) Infine appare indispensabile una mobilitazione e attivizzazione delle forze sociali e politiche destinata alla delicata (ed in apparenza abbandonata) questione della presenza sanitaria sul territorio.
Nelle prossime settimane la nostra Associazione intende sviluppare queste fondamentali tematiche attraverso l'avvio di un confronto pubblico.
Franco Astengo (Il Rosso non è il nero)
Di seguito, una nota che pubblicammo nel 2016:
SI POTRA' RIDISCUTERE IL CONCETTO DI AREA DI CRISI COMPLESSA ? di Franco Astengo
La sostituzione alla guida di Invitalia del "chiacchierato" Domenico Arcuri con il nipote del presidente della Repubblica Bernardo Mattarella potrà essere occasione (finalmente) di ri-discussione del concetto di "area industriale di crisi complessa" che ha interessato parte della nostra provincia fin dall'estate 2016 senza risultati concreti sul piano di una ventilata re-industrializzazione?
In realtà il decreto in questione ha praticamente fin'ora prodotto prolungamenti nell'erogazione di ammortizzatori sociali: vale allora la pena di ricostruire questa vicenda partendo da alcune valutazioni critiche espresse in origine da chi scrive queste note:
LUGLIO 2016:
"Manca la comprensione dello strumento economico complessivo di riconversione del modello di sviluppo territoriale. Oltre, infatti, a un rischio commissariamento Regione - Invitalia, che va scongiurato con patti seri e certificabili, c’è la questione delle risorse strutturali disponibili. Il rischio che si corre e che è già stato segnalato da situazioni analoghe è quindi di legarsi ad accordi di governance dove, ci venga scusato il gioco di parole, non si governa. Magari si partecipa come oggetto dell’intervento di crisi, come oggetto d’intervento su fondi e politiche d’immediata emergenza. Ma dove, alla lunga, i soggetti forti sono altri, come la sinergia Regione - Invitalia, e dove i fondi reali appaiono fortemente vincolati dalle politiche di tagli del governo.
Ci sono poi altre questioni di fondo che non possono essere trascurate. Questioni che non ci risultano finora essere state discusse, in modo approfondito, in sede istituzionale. Prima tra tutte: si ha un’idea dell’impatto che un accordo sulle aree a industrializzazione complessa avrà sull’economia complessiva del territorio?
C’è poi la questione della sinergia politica industriale -ambientale (tema particolarmente delicato nel frangente) e politica economica complessiva del territorio e strumenti finanziari ."
Di conseguenza sorgevano, allora come sorgono adesso, una serie di domande che possono essere ri-proposte tenendo conto che in questo momento ci troviamo anche alle prese con l'attuazione possibile del PNRR:
Se la richiesta dell’ottenimento di aree di crisi industriale complessa sia più adatta per l’emergenza, vedi questione fondi che la Regione può attivare, che non per la programmazione reale.
Se non ci siano delle criticità rispetto a un ruolo subordinato degli enti locali entro questo genere di architettura istituzionale. Se l’architettura istituzionale che vede un ruolo forte della possibile sinergia Invitalia -Regione sia adatta per le esigenze della nostra città.
Quanto queste politiche possano produrre saldi occupazionali positivi, di lungo periodo ed economicamente significativi. Quale modello possa poi coprire il resto ovvero la parte significativa di popolazione che non verrà raggiunta dalle politiche industriali e del lavoro.
Come in sede locale si possa ricavarsi un proprio incisivo spazio di governance multilivello fatto concretamente di collaborazioni, sinergie, istituzioni che cercano e indirizzano fondi bypassando lo spazio nazionale. E sterilizzando il primato dell’impresa così come è previsto dal diritto comunitario.
Rimane la domanda finale: quali risultati sono stati fin qui ottenuti?
Nel frattempo abbiamo assistito a una complessiva riduzione di capacità di governo da parte dell'Amministrazione Provinciale, attraverso la quale avrebbero potuto emergere soluzioni coerenti riferite all'area vasta.
Il tema diventa allora quello della comprensorialità che nel caso di Savona (dove il Comune capoluogo non fa parte dei comuni dell'area industriale di crisi complessa) significa poter affrontare al meglio questioni vitali concernenti il territorio come quelle dei servizi, delle infrastrutture, dell'utilizzo delle aree, dello sviluppo economico, della portualità.
Occorre non separare le diverse partite ma trovare la sede per riunificarle in un luogo di confronto strutturato, di dialogo costante verificato democraticamente, di progettualità condivisa.
Tra l'altro l'area del Savonese non può essere considerata semplicemente quella costiera ma deve necessariamente comprendere l'entroterra e, in ispecie, la Valbormida punto strategico di approdo per la questione di uno sviluppo della rete delle infrastrutture che rimane quella decisiva per far uscire il nostro territorio dall'isolamento.