Cultura29 aprile 2020 07:13

Aspettando il ritorno di un’Arte protagonista del nostro tempo

Leggo dell’illuminata idea sulla “protezione” degli anziani e rileggo - perché voglio essere sicuro di avere ben capito - di un tentativo subdolo, sotto una velata minaccia, di tracciare le persone con un’applicazione. E allora la mia natura Libertaria mi suggerisce ancora una volta come l’unica forma di convivenza civile sia quella che da sempre è ritenuta utopia (di Giorgio Laveri)

Giorgio Laveri, foto Jean Ferrero

Giorgio Laveri, foto Jean Ferrero

Nel mondo, oggi, il fare artistico non può e non deve essere martirio. Questo non sarà mai  redenzione né comporterà vittoria.  

In questi giorni, di obbligata (e peraltro piacevole..) permanenza in terra cilena, i dubbi arrotolati all’interno della soffitta del pensiero vengono a farmi visita; se davvero tutti(o) usciranno cambiati, si potrebbe dire trasformati da questa brutta esperienza, credo si possa esercitare il diritto di sedere al tavolo delle decisioni (non scrivo “delle regole” perché l’arte non ne ha, né dovrebbe averne) e apportare il proprio contributo.

E quindi, appartenendo da sempre al mondo del fare artistico sento il bisogno di  “srotolare” alcuni dei dubbi sopracitati.  

Prendo spunto da uno dei capolavori di Werner Herzog, “Nosferatu” (1979) remake del silent movie del 1922 “Nosferatu il vampiro” di Murnau.

La danza macabra, nella magistrale sequenza della piazza della città, abbinata all’arrivo   del veliero della morte dal quale Nosferatu fa sbarcare i ratti come minaccia predatrice, sono il monito di Mornau alla Germania che sta per cadere nella catastrofe del nazismo.  

Anni dopo, Herzog non ha bisogno di metafore per denunciare il pericolo incombente.  

Si deve ricostruire e tramutare in “speranza” quello che è stato distruzione e morte. 

Proprio come il presente che si sta vivendo oggi nel mondo.  

Penso quindi agli effetti benèfici e primari che il fare artistico potrà portare a equilibri   psicologici provati da un periodo così lungo di segregazione affettiva (per alcuni totale).  

Penso al piacere che si potrà provare nel ritornare in un Museo o in una Galleria d’Arte.  

Penso con tristezza alla pesante crisi economica che attanaglierà il mondo intero e al contributo che l’Arte potrà apportare. E penso alle molte altre possibili ripercussioni.  

Dovremo pensare a quando, prima del virus e in situazioni economiche differenti, potevamo   gustare un libro, una rivista o anche solo un giornale o un quadro appeso in casa e poterlo fare nuovamente.  

Penso quindi ad un’Arte che non dovrà intraprendere una via elitaria e lontana dalla gente, ma ad uno strumento di benessere cui tutti possano attingere.  

Ed ecco che l’invito è quello di ridisegnare un impianto che porti l’espressione artistica alla funzione di bisogno per chi la produce e di sensazione per chi se ne avvale.  

E in questo disegno vedo una nuova funzione degli operatori del settore addetti al tramite   tra chi esprime e chi usufruisce. Galleristi, Critici, Curatori, Direttori di Museo, Fondazioni,  Collezionisti e tutti coloro per i quali l’Arte è ragione di vita avranno o, perlomeno  dovrebbero avere, il compito di vestire l’abito che un tempo (troppo lontano e troppo   trasformato) apparteneva al Mecenate.  

L’impegno dell’Artista sarà dare vita a Libertà Liberate che a loro volta, con il contributo di tutti coloro che vivono questa parte di realtà, diventeranno cronaca e testimonianza di periodi della nostra vita e del nostro tempo.  

Queste le sensazioni che provo mentre mi accompagna il ron ron di un quartiere di Santiago ancora mezzo addormentato, mentre leggo che questo virus traccia confini di solitudine e di morte, mentre provo a considerare quale potrebbe essere la giusta collocazione di beceri individui che, protetti dal buio umido delle loro stanze, tentano di insultare chi ha coronato il sogno di Libertà che l’Italia intera aspettava (per il loro confinato intelletto sappiano che il 25 aprile è la data che ha sancito la fine di un regime gretto, rozzo e ignorante che ha   mandato a morire un numero enorme di persone).

Leggo inoltre dell’illuminata idea sulla “protezione” degli anziani e rileggo (perché voglio essere sicuro di avere ben capito) di un tentativo subdolo, sotto una velata minaccia, di tracciare le persone con un’applicazione.  

E allora la mia natura Libertaria mi suggerisce ancora una volta come l’unica forma di convivenza civile sia quella che da sempre è ritenuta utopia.

Del resto, in questi giorni di forzata quarantena, ho letto molto di quello che la gente ha scritto sui social, sui giornali (non leggo Feltri) e persino quello che ha enunciato il Potere Televisivo e sono rimasto piacevolmente sorpreso nell’apprendere che i più tanti sono convinti che un adeguato e   civile comportamento siano la strada percorribile per tornare alla (quasi) normalità.

Così   come ce ne sono tanti altri che hanno manifestato sentimenti di disobbedienza.  

Bello sarebbe se tutti, davvero tutti, perseguissero questi semplici concetti.

Credo che   sarebbe un mondo differente e distinto, del quale ogni cittadino farebbe parte dato che, come oggi ha detto l’alcalde (sindaco, ndr) di un comune limitrofo a quello dove vivo, il sistema burocratico e l’incivile comportamento delle parti politiche nel tentativo di cavalcare la tigre della paura e dell’incertezza siano diventati il principale alleato di questo virus.

Essere abbastanza civili da potersi governare da soli rispettando l’altrui Libertà sarebbe un conquista notevole per qualsiasi popolo e per un mondo migliore.  

Ma questo è argomento da trattare con più spazio e cura, non certo una semplice riflessione, sempre che “… il potere vestito di umana sembianza …” ce lo permetta. 

E dunque, termino questa riflessione con un concetto ascoltato anni fa e da poco riletto.   “..ricordo con orgoglio e rammarico la felice e breve esperienza Libertaria di Kronstadt, episodio di fratellanza e di egalitarismo repentinamente preso a cannonate dal sig. Trotzkij".         

Chi lo disse era un Artista, io faccio parte di un mondo che gira, gira, gira, gira, gira … e mi   farebbe piacere fermarmi, ma se lo faccio da solo tutti mi chiedono: “Perché ti sei fermato?!”  

Santiago de Chile, 27 aprile 2020

Giorgio Laveri

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