News15 luglio 2020 09:28

In 30 anni l’Italia ha esportato armi per quasi 100 miliardi di euro

Durante i 30 anni di applicazione della Legge 185/90 che regola l'export militare sono state autorizzate esportazioni dall'Italia di materiali d'armamento per un controvalore di 97,75 miliardi di euro a valori correnti (che diventano 109,67 miliardi di euro con il ricalcolo a valori costanti 2019)

In 30 anni l’Italia ha esportato armi per quasi 100 miliardi di euro

Questo ciò che emerge dai dati diffusi da Rete italiana per il disarmo e Rete della Pace, che osservano: “La situazione di distanza tra lettera della Legge (con il suo divieto ad esportare armi verso Paesi in stato di conflitto armato, sotto embargo internazionale, con politiche in contrasto con l’articolo 11 della nostra Costituzione, con gravi violazioni dei diritti umani e comunque sempre seguendo la direzione della nostra politica estera) e l’applicazione soprattutto recente è ben delineata dai dati.

Il trend evidenzia una forte risalita nell’ultimo decennio che fa seguito ad un primo rialzo avvenuto tra il 2006 e il 2010 poi attenuato dalla crisi finanziaria globale: dopo un paio di decenni di applicazione abbastanza rigorosa i Governi hanno iniziato ad avere come obiettivo il sostegno all’export militare e non il suo controllo. 

Nel solo lustro 2015-19 le autorizzazioni (a valori correnti) sono state di poco superiori a quelle totali dei quindici anni precedenti (44 miliardi contro 43,5 e situazione di sostanziale pareggio anche considerando valori costanti al 2019). Sempre considerando i soli valori correnti (situazione che ovviamente cambia, ma non di molto, con la rivalutazione) è quasi incredibile notare come gli ultimi cinque anni equivalgano da soli al 45% del trentennio di export militare normato dalla 185/90 (e dunque i 25 precedenti assommino “solo” al 55% del totale). Negli stessi 30 anni le consegne certificate dall’Agenzia delle Dogane si sono attestate complessivamente sulla cifra di 50 miliardi di euro, di cui ben 14 miliardi sono relativi al quinquennio 2015-2019 (cioè quasi il 30% del totale, come lecito aspettarsi visto l’aumento delle autorizzazioni che comportano successivamente più consegne). Va sottolineato che questo dato è un buon indicatore ma non è così affidabile per esprimere il controvalore complessivo delle dei sistemi militari effettivamente esportati. li ultimi cinque anni hanno poi accentuato la tendenza ad esportare al di fuori delle principali alleanze politico-militari dell’Italia (cioè verso Paesi non appartenenti all’UE o alla Nato): ben il 56% cioè 24,8 miliardi contro 19,2 miliardi. Possiamo quindi affermare che in tutto il corso di applicazione della Legge più della metà dell’export sia stato autorizzato al di fuori della naturale area di azione internazionale dell’Italia: un dato preoccupante se si considera che – secondo il testo della norma – le esportazioni di armamenti «devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell’Italia». Una situazione che è figlia di una spinta alla vendita verso gli Stati del Medio Oriente che negli ultimi 5 anni hanno raddoppiato la loro quota media dei primi 25 arrivando a ben il 45,9% del totale delle licenze individuali (cioè poco meno di 19 miliardi di euro) i Paesi dell’UE e dell’Europa geografica non OSCE si mantengono sostanzialmente sui livelli già registrati in media nei primi 25 anni di export (35,2% + 1,45% per un totale di circa 15 miliardi di euro). Nello stesso periodo i primi 20 Paesi della classifica (su un totale di circa 90 destinatari) hanno tutti ricevuto oltre 300 milioni di euro di autorizzazioni nel corso dell’ultimo lustro. In testa troviamo due Stati autoritari mediorientali come Kuwait e Qatar (per le maxi-commesse di aerei e navi) seguiti da vicino da Regno Unito e Germania (soprattutto per la cooperazione Eurofighter) e ad una distanza maggiore da Francia, Stati Uniti d’America e Spagna. Subito dietro, grazie ad una serie di copiose licenze negli anni più recenti, altri Paesi problematici come Pakistan, Egitto, Turchia, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. A completare la “Top15” troviamo Norvegia, Australia e Turkmenistan. Andando a considerare tutto il periodo dei tre decenni i primi 10 Paesi di destinazione delle armi italiane sono stati il Regno Unito (10%), con cui le cooperazioni di natura industriale sono sempre state robuste, seguito da Kuwait (8,4%), Qatar (7,1%), Germania e Stati Uniti d’America al 6,3%, Arabia Saudita (4,9%), Francia (4,3%) ed Emirati Arabi Uniti (4%). Infine troviamo la Spagna e la Turchia al 3,7%. Le prime 10 destinazioni complessivamente assommano a poco meno del 60% di trenta anni di autorizzazioni individuali.

Leggi tutto qui https://www.disarmo.org/rete/a/47835.html?fbclid=IwAR3Bedy9xtw-CviKXFqeG49L_piWw_xEXkE2W5duz7Nmr0jA6ApnLVAfAIg

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