La stazione ferroviaria di Savona s’avvicina sempre più a quel che una volta si definiva terzo mondo, perché certo non è una stazione in via di sviluppo.
Come non lo è tutto il resto della città: anche Palazzo Santa Chiara è sigillato da un bel lucchetto e invaso dai rovi.
E pensare che ci sembra di ricordare una campagna elettorale in nome della sicurezza e del commercio: il commercio è morto, anche grazie alla tari, alle tasse sulle insegne e ad altri graziosi balzelli.
E la sicurezza in cosa consiste? Nel togliere i vetri rotti per non rimpiazzarli più, in modo che chi scende dal treno attenderà l’autobus al gelo e i poveri cristi che non hanno un posto per dormire andranno a cercar riparo altrove.
E non è che la responsabilità si possa sempre affibbiare integralmente alle varie RFI o TPL, perché le amministrazioni vengono elette per coordinare e risolvere, non per inventare improbabili hashtag.
Qui invece, anziché cercare di incrementare i ricoveri per l’inverno, si fa finta che il problema non esista: chiudiamo tutto il chiudibile, li chiamiamo “sbandati” e la cosa finisce qui.
L’arida vergogna di una città dove non si cercano soluzioni, ma si chiude col lucchetto tutto quel che non va e lo si lascia a marcire. Margonara docet.