“Le settimane di quarantena potevano essere impiegate per tornare a dialogare con i propri figli, per tornare a essere genitori attenti al proprio ruolo di educatori.” scrive Caprioglio su Facebook stamattina presto.
In soldoni insomma degli assembramenti hanno colpa i genitori, che non educano i ragazzi al rispetto.
Il che - magari - è anche vero, ma considereremmo anche la situazione di molti di questi genitori che - magari - la quarantena non l’hanno trascorsa a innaffiare le rose del giardino o a sfornare fragranti crostate studiando le tecniche più evolute di pedagogia, ma attaccati al sito dell’INPS per cercare di avere i 600 euro, a scervellarsi per riaprire un’attività che - magari - già prima non era floridissima, o a preoccuparsi dei genitori anziani ricoverati nelle case di riposo.
Prima di condannare senz’appello i cittadini sarebbe bene anche interrogarsi su una comunità che da decenni mette la scuola e i ragazzi sempre all’ultimo posto, e che oggi salvo qualche desolante litigio romano pare averli proprio accantonati come l’ultimo dei problemi.
E un amministratore pubblico è chiamato a governare gli eventi, non a puntare il ditino contro i cittadini quando se ne è stati travolti.