Contromano29 luglio 2020 13:07

Le rotelle di Arcuri e lo stato d’emergenza

“Mentre si sforza encomiabilmente di cambiare il volto dell’Italia e di renderci migliori non sarebbe disdicevole che il nostro Governo, senza alternative se non catastrofiche, evitasse qualche superflua idiozia” scrive oggi su La Stampa Massimo Cacciari, con la nota capacità di sintesi

Le rotelle di Arcuri e lo stato d’emergenza

Il riferimento è al “recente capolavoro” della gara, manco a dirlo affidata allo stracommissario Domenico Arcuri, per i banchi scolastici: “scadenza 4 agosto per 2,5 milioni di banchi quadrati monoposto e 500 mila con sedia girevole, da garantire per la riapertura delle scuole. Ma il Covid sarà eterno? Sarà dichiarato unico pericolo per la nostra specie?” si chiede il filosofo. 

“La produzione italiana di banchi di tal fatta risulterebbe – dati Confindustria – di 500 mila all’anno, cioè di poco più di 40 mila al mese. Chi risponderà alla gara? L’universo mondo? Russia, Cina e Usa uniti nella lotta? E se qualcuno dirà “ci penso io”, chi sarà mai costui? Quale improvvisatore o truffatore di turno? Possibile mai che i nostri ragazzi non possano tornare a scuola in condizioni di semi-normalità e occorra ricorrere a gare di questo tipo per la fornitura – tecnicamente impossibile – di questo materiale? Ma forse ci saranno pronti da qualche parte banchi e sedie tipo mascherine alla Pivetti, e chiedo allora scusa per l’inopportuno intervento.”

È difficile dar torto a Cacciari, specie in questa mattina dove il Primo Ministro tenta di spiegare l’inevitabilità della proroga dello stato d’emergenza, che inevitabile proprio non era.

E il dubbio che la facilità degli appalti ci abbia messo lo zampino non può non sorgere.

Franco Astengo ci scrive: “Sarebbe stato semplice disattendere le obiezioni di limitazione della democrazia costituzionale che il governo sta ricevendo circa il prolungamento dello stato di emergenza sanitaria. Poi che l’esercizio della democrazia sia reclamato da forze razziste ed eredi del neofascismo repubblichino è un altro paio di maniche: deriva dall’insufficienza delle forze di governo, tutte ripiegate sulla governabilità e pervase da una malsana necessità di personalizzazione della politica. 

Questa discussione sarebbe uscita fin dall’inizio dall’ambiguità se all’origine fosse stato adottato un atto del Parlamento al momento della proclamazione dello stato di emergenza.

Un atto approvato dal Parlamento che avrebbe dovuto fissare i termini concreti di agibilità concessi al Governo nello straordinario momento contingente, e le modalità della necessaria espressione di trasparenza nei rapporti con la comunità scientifica. Trasparenza che, sotto questo aspetto, è clamorosamente mancata in un bailamme di deteriore esercizio di protagonismo.

Ugualmente da fissare sarebbero stati la necessità di un periodico riferimento alle Camere sul modificarsi dello stato di cose presenti, la regolamentazione nell’utilizzo – in via straordinaria – dei mezzi di comunicazione pubblica per rivolgersi al Paese. Riferimento al Parlamento e non semplice “informativa”, insieme a una definizione precisa degli atti da compiere.”

Una “legge – quadro” insomma che avrebbe consentito poi a tutti gli altri atti assunti via via di rispettare il dettato della norma costituzionale.

"È necessario - conclude Astengo - sventare ogni tentazione di esercizio di una “Costituzione Materiale” di stampo presidenzialista che il Paese ha rifiutato due volte, nel 2006 e nel 2016, con due voti popolari a larga maggioranza che confermarono la vocazione parlamentare della Repubblica come stabilito dai Padri Costituenti.

LNS

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