News05 novembre 2020 15:51

Zone rosse, gialle e arancio: Gimbe chiede trasparenza sugli indicatori

La fondazione scientifica guidata da Nino Cartabellotta: “Se non si rendono pubblici i criteri per determinare il livello di rischio, inevitabile che le scelte diventino oggetto di negoziato politico”

Zone rosse, gialle e arancio: Gimbe chiede trasparenza sugli indicatori

Includere nel report giornaliero dei casi di COVID-19 del Ministero della Salute il numero di contagi per Comune, oltre che i dettagli per Province e Comuni dei numeri relativi a isolamento domiciliare, ospedalizzati con sintomi, terapie intensive, guariti, deceduti, tamponi, casi testati.

Rendere accessibile il database nazionale di sorveglianza integrata dell’Istituto Superiore di Sanità in formato open data.

Rendere pubblici tutti i report dei 21 indicatori stabiliti dal D.M. 30 aprile 2020 utilizzati per il monitoraggio della fase 2, rendendo altresì accessibile il database in formato open data.

Rendere espliciti e riproducibili i criteri per l’attribuzione del livello di rischio stabiliti dagli artt. 2 e 3 del DPCM 3 novembre 2020.

Questo quanto chiede al Governo Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe.

Con un’attenzione particolare all’ultimo punto che determina per le Regioni l’assegnazione dei tre colori, corrispondenti a livelli differenziati di misure restrittive. 

Il DPCM affida la decisione al Ministro della Salute sulla base del documento “Prevenzione e risposta a COVID-19”, dei dati elaborati dalla Cabina di Regia di cui al DM aprile 2020 e sentito il Comitato tecnico scientifico. Tuttavia al momento, precisa Cartabellotta «parametri e indicatori su cui si basa l’assegnazione dei “colori” non sono sufficientemente chiari e oggettivi da escludere valutazioni discrezionali, rischiando che il meccanismo delle chiusure e riaperture, lungi dall’essere automatizzato, richieda sempre e comunque un passaggio politico con le Regioni, come peraltro previsto dallo stesso DPCM che stabilisce che le ordinanze del Ministro della Salute siano emanate d’intesa con il presidente della Regione interessata».  

«L’introduzione di misure proporzionate a differenti livelli di rischio regionale– conclude Cartabellotta – è totalmente condivisibile, anzi, ove necessario, bisognerebbe agire con misure più restrittive a livello di Provincia o Comune. Ma è indifferibile rendere pubblici i criteri per classificare il livello di rischio, anche per evitare continue negoziazioni tra Governo e Regioni che aggiungono ulteriori ritardi alla “non strategia” dei DPCM settimanali, concedendo un vantaggio sempre maggiore al virus. In ogni caso, manca una strategia a medio-lungo termine condivisa tra Governo e Regioni, in grado di potenziare adeguatamente i servizi sanitari e informare la popolazione, al momento chiamata a sottostare passivamente a nuove restrizioni settimanali che rendono incerta la quotidianità e alimentano preoccupazioni sul futuro»

 

com

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