Se le chat di Guerra con l’apparentemente mite Brusaferro sono ormai su tutti i giornali, finora solo La Verità e pochi altri si stanno occupando di Arcuri, che è stato rimosso da Draghi con prontezza felina dopo un anno da vip.
Scrive Giacomo Amadori su La Verità che “il 9 novembre la Procura di Roma aveva iscritto sul registro degli indagati Arcuri e anche Antonio Fabbrocini (già stretto collaboratore del commissario e responsabile unico del procedimento per l’acquisto di 801milioni di mascherine da tre diversi consorzi cinesi) per corruzione, salvo chiederne l’archiviazione a tempo di record, dopo una ventina di giorni di investigazioni. Un’istanza di proscioglimento che non sarebbe ancora stata accolta dal gip Paolo Andrea Taviano. Nel frattempo, però, i pm, coordinati dal procuratore Michele Prestipino, hanno deciso di contestare il nuovo reato, quello di peculato”.
E già va delineandosi il profilo del suo successore, tale Bernardo Mattarella. Nipote.
Quanto alla vicenda giudiziaria del vice dell’OMS, già direttore generale dell'ufficio di Prevenzione del Ministero della Salute, questo il tenore dei suoi messaggi al presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro: «Sono stato brutale con gli scemi del documento di Venezia. Alla fine sono andato su Tedros (Ghebreyesus, direttore generale OMS, ndr) e fatto ritirare il documento». Il documento deve essere cancellato anche «da un paio di siti laterali e di social media dove potrebbe essere ancora accessibile», e ancora: «Spero anche di far cadere un paio di incorreggibili teste».
Giornali di destra, certamente.
Ma come Repubblica al tempo di Berlusconi, sono i giornali di opposizione che si debbono leggere con maggiore attenzione.
Non per nulla l’Italia nell’ultima classifica sulla libertà di stampa di Reporters sans frontières (ottobre 2020) si trovava al 41° posto, dietro tutte le altre maggiori potenze europee e pure a diversi Paesi in via di sviluppo.
La posizione di Guerra e di Arcuri va chiarita, insieme a quella del Ministro della sanità e dell’ex Primo ministro.
Altrimenti la credibilità delle istituzioni, che già per troppi è carta straccia, va a bagno ancor più velocemente della libertà di stampa.