News28 febbraio 2022 13:36

L'ANPI di Finale ricorda il 1 marzo 1944

La testimonianza di Antonio Schiappapietre (classe 1922) nel quaderno di memorie relativo alla sua deportazione nella Germania nazista con dedica ai suoi nipoti “affinché ne traggano auspicio per lottare sempre per la pace, contro ogni guerra foriera di distruzione di cose, di vite umane e di coscienze”

L'ANPI di Finale ricorda il 1 marzo 1944

Ecco una sintesi del racconto di Antonio:
“Lavoravo nello stabilimento aeronautico “Piaggio” di Finale Ligure. Il 1° marzo 1944 alle ore 10 ci avviammo in massa verso il piazzale. Alla testa di operai e impiegati c'eravamo noi giovani che, in quel periodo, diffondevamo le notizie di “Radio Londra” e vendevamo i giornali clandestini, grandi come un foglio di quaderno, il cui prezzo di vendita era 30 centesimi.

Nel piazzale giunsero i militi. Con la pistola puntata contro di me, il maresciallo, detto “rigoletto” per via della gobba, gridò: 'andate a lavorare, ribelli!'
Al pomeriggio venne un sindacalista fascista, con tanto di pizzetto. Salì su un piedistallo e cominciò a parlare promettendo aumenti di stipendio: ma quel discorso non era altro che un espediente per temporeggiare e dar modo ai carabinieri di fare una retata di operai. Vedendo quello che stava accadendo, scappai a nascondermi nel reparto in cui lavoravo, dove c'era una lunga buca con sopra delle tavole come pavimento. Il giorno dopo si tornò a lavorare con paura. Correvano voci secondo le quali ci sarebbero state altre retate.

Il 3 marzo alle cinque di mattina udii qualcuno che saliva la scala esterna della casa. Bussarono alla porta. Mia madre andò ad aprire tutta spaventata, mi disse: “sono venuti a portarti via”.

Io, che avevo intuito quello che stava per accadere, ero già vestito. Misi al braccio l'orologio e mi avviai verso la porta. Un carabiniere e un milite fascista mi presero e mi condussero nella caserma di Finalborgo dove trovai altri giovani.
Tramite la donna di servizio che accudiva i carabinieri mandai a dire i miei genitori di portarci qualcosa da mangiare. A mezzogiorno arrivò mio padre con una grossa pentola di minestra di riso (sarà sempre il mio pranzo ogni 3 marzo) e ne mangiarono tutti.

Alle ore 14.00 ci fecero salire su di un camion e, scortati, ci portarono alla caserma di Finalmarina dove c'erano gli altri catturati con la retata del 1* marzo. Alle ore 15.00 un altro camion ci portò all'Ospizio “Merello” di Spotorno. Qui erano già stati fatti confluire giovani e meno giovani di Vado e di Savona. In tutto eravamo 124.
Fatto l'appello, polizia fascista e militari tedeschi corrono verso la ferrovia e fanno fermare il treno Ventimiglia-Genova. Una voce grida: “avanti, detenuti, in treno!' e ci fanno salire su carri bestiame, stipati uno sull'altro. Chiuse ermeticamente le porte, il treno partì alla volta di Genova, lasciando dietro di sé, sulla via Aurelia, davanti al “Merello”, una moltitudine di parenti in preda alla disperazione”.

A Genova, vennero informati sulla loro destinazione: “andrete in Germania a lavorare come volontari”. Da non credere, loro gridavano “non siamo volontari, siamo prigionieri!”
Parole inutili, non c’era niente da fare... venne comunicata la prima destinazione: il Brennero.
Il treno, giunto al confine, ripartì con destinazione Innsbruck. A questo punto il viaggio cambiò completamente, tutto era coperto dalla neve.
Il convoglio venne fermato ad una piccola stazione vicino a Innsbruck, in aperta campagna.
Tutti scesero dal treno, sistemati in colonne, portati in una baracca lontano circa un chilometro dalla ferrovia. La neve era alta quasi un metro.

Antonio, a questo punto del racconto spiega come mai, per l'incredibile sbaglio di una una guardia, invece che sul treno per Mauthausen (di cui nessuno di loro conosceva l'esistenza), venne separato dai compagni e fatto salire su di un treno per Stoccarda dove c'erano altri campi di lavoro forzato.
Con l'appello tutti dovevano consegnare i documenti personali, ma Antonio si accorse di averli lasciati sul carro-vagone: questa dimenticanza gli salvò la vita.
Il militare che li controllava gli ordinò di andare a recuperare le carte e tornare di corsa.

Per accorciare la strada Antonio prese la via dei campi, ma la neve era troppo alta e sprofondava di continuo, proseguendo con fatica.
Quando rientrò nella baracca l’appello era ormai finito, tanta la confusione.
Alcuni compagni gli dissero di aver sentito il suo nome nell’elenco dei destinati a Mauthausen.

Ma il graduato al quale Antonio consegnò i documenti gli indicò frettolosamente un treno che aveva una destinazione diversa da quella dei suoi compagni di Finale.
Per fortuna, senza dir nulla, obbedì a quell’ordine probabilmente sbagliato e il giorno 14 marzo vide la città di Stoccarda; il freddo era terribile.
Venne sistemato in una baracca di legno insieme a prigionieri russi e polacchi. Per il giovane Antonio iniziava una prova veramente dura, lavoro faticosissimo e orari da schiavi.

Una mattina entrando in fabbrica si sbagliò nel salutare il “piantone”, disse “buon giorno” invece di gridare “Heil Hitler!”.Venne afferrato per la gola dalla guardia e stretto fino a perdere i sensi.
Rischiò molte altre volte la vita, ma per sua fortuna le condizioni non diventarono tragiche come a Mauthausen. Sopravvisse per miracolo anche ai bombardamenti alleati sulla fabbrica.

Nel disastro generale riuscì a fuggire e dopo un viaggio rocambolesco, rischiando ancora la vita, il 19 aprile 1945, dopo 13 mesi di angoscia, rivide Finalborgo. Non pesava neanche 40 kg.
Quest'anno, 1 marzo 2022 , dopo l'incontro alle ore 11.50, davanti al palazzo Comunale, si proseguirà presso la “Lastra in Piazza Cavour” dove alle ore 12.00 vi sarà la commemorazione dei lavoratori della “Piaggio” deportati a Mauthausen che pagarono con la propria vita la conquista della libertà e della democrazia.
Durante il tragitto verranno anche posati dei fiori in corrispondenza alle pietre d’inciampo a ricordo dei deportati finalesi.

Ringraziamo tutte le Sezioni del territorio, le amministrazioni comunali, l’ANED la CGIL e il Consiglio di Fabbrica della Piaggio Aerospace per la partecipazione e collaborazione.

Le Sezioni ANPI del Finalese

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