Non abbiamo più la A6, e francamente l’idea di poterla ripercorrere tra 4 mesi pare davvero ottimistica.
E da ieri sera non abbiamo più neppure la A26, perché la Procura ha detto adesso la chiudete o noi chiudiamo voi - e buttiamo via le chiavi.
Insomma abbiamo un porto enorme con due piattaforme nuove fiammanti e nessuna infrastruttura.
Delle ferrovie se ne son sempre fregati tutti perché conveniva portar le merci su gomma, che tanto tutti dobbiamo morire e cosa vuoi che sia un po’ d’inquinamento o qualche incidente in più.
Chi si preoccupava della condizione delle autostrade, che del nome conservano solo i salati pedaggi, veniva messo alla gogna e bollato come inutile grillo parlante, che i giornaletti online pubblicavano per sensazionalismo e per riempire gli schermi.
E per l’ennesima volta tocca alla Magistratura ciò che dovrebbe fare una classe politica e “imprenditoriale” nazionale e locale pagata profumatamente: ma si sa, in Italia i magistrati non si eleggono.
Quindi tutte le gatte da pelare se le trovano loro ogni anno sotto l’albero, dai sequestri degl’impianti inquinanti ai lucchetti sulle strade.
È venuto naturale, per una giunta regionale in campagna elettorale permanente ed effettiva dal 14 agosto 2018, dimenticare tutto ciò che stava a ponente di Sampierdarena; oggi, col Savonese distrutto da due giorni di pioggia, dovranno ricordarsi anche di noi.
Ma chi pagherà i danni per la nostra economia?
La crisi complessa, in confronto al cataclisma reale e figurato che si è abbattuto sulla provincia, sembra quasi una dolce rimembranza.