Cultura11 luglio 2020 07:11

Una confraternita dei sognatori… sognando Baudelaire come il fondatore

Censure e movimenti antibavaglio di ieri e di oggi, con le note inedite in lingua italiana redatte da Baudelaire per il suo avvocato difensore sulla "morale pudibonda, puritana e dispettosa, che mira niente meno che a creare dei cospiratori anche nell’ordine tanto tranquillo dei sognatori" (di Chiara Pasetti)

Nadar, caricatura di Baudelaire «en pied, marchant à c ô té d’une charogne» 1850 ca. © BNF Paris

Nadar, caricatura di Baudelaire «en pied, marchant à c ô té d’une charogne» 1850 ca. © BNF Paris

Anche oggi, come sabato scorso, avrei voluto raccontare qualcosa in più di quanto fatto finora sulla rassegna di agosto a Varigotti, che inaugura tra meno di un mese. Il primo spettacolo annunciato sarà l’otto di agosto in Piazza Libeccio e vedrà coinvolte due donne: la scrittrice e musicista Paola Minussi e l’attrice Claudia Fontana, con il monologo intitolato Risveglio a Torrechiara, adattamento teatrale dal libro di Paola in uscita il prossimo anno.

Avrei voluto svelare anche il resto del programma che prevede altre tre serate, ma un articolo letto ieri su L’Avvenire a firma Elena Molinari mi ha fatto riflettere a lungo, e quindi rimando la rassegna teratrale alla prossima rubrica e preferisco concentrarmi sul tema sollevato dall’articolo in questione, intitolato “La confraternita dell’antibavaglio”.

Si parla di «una lettera aperta per dire no ai bavagli, alle censure preventive e alla gogna collettiva contro chi la pensa diversamente». Appena pubblicata ha suscitato le stesse reazioni di sdegno e gli inviti alla condanna che i suoi 150 firmatari considerano veleni per una circolazione delle idee libera, sana e degna di una democrazia. 

Avendo appena trattato con Mario Molinari, nel corto intitolato “È una giungla”, il tema dell’informazione connesso alla democrazia, due termini che dovrebbero fare rima ma spesso così non è e non è stato, l’iniziativa americana mi ha particolarmente interessato. Gli intellettuali, molti nordamericani, che l’hanno sottoscritta si focalizzano sul tema che li preoccupa più di un presidente che mette regolarmente in dubbio la legittimità della stampa.

«Le forze illiberali stanno guadagnando vigore in tutto il mondo e hanno un potente alleato in Donald Trump, che rappresenta una vera minaccia alla democrazia -  scrivono - . Ma non bisogna permettere alla resistenza di indurirsi in dogmi o coercizioni, che i demagoghi di destra stanno già sfruttando. L’inclusione democratica può essere raggiunta solo se mettiamo all’indice il clima intollerante che si è manifestato da tutte le parti».

Tra i tanti firmatari della lettera-manifesto a favore della libertà d’espressione, di cui è promotore l’autore afroamericano Thomas Chatterton Williams, troviamo nomi cari alla sinistra come il linguista Noam Chomsky, insieme a neoconservatori quali Francis Fukuyama, artisti afroamericani tra cui il coreografo Bill Jones, il linguista Steven Pinker e J. K. Rowling.

Colpisce, tra le tante rivendicazioni, quella che riguarda la necessità di università, redazioni e case editrici dove non è concepibile che «redattori vengano licenziati per la pubblicazione di testi controversi, libri vengano ritirati dal commercio per aver offeso qualcuno, i giornalisti non possano scrivere su determinati argomenti, professori vengano indagati per aver citato opere letterarie in classe».

Siamo nel 2020. La mia mente va al mio secolo d’elezione, l’Ottocento, noto anche per essere stato il periodo dei grandi processi letterari e delle censure imposte alla libertà di stampa e di espressione. Era proprio in questi giorni, nel 1857, che I fiori del male di Baudelaire, dopo essere stato pubblicato il 25 giugno, veniva denunciato dalla direzione della Sicurezza pubblica con diversi capi d’accusa. Interessante ripercorrere le tappe della vicenda e scoprirne le assonanze con il presente.

Tra l’altro bizzarre sono le corrispondenze che legano i due capolavori dell’Ottocento francese in prosa e in poesia, Madame Bovary e I Fiori del male, appunto. I rispettivi autori, Flaubert e Baudelaire, nacquero nello stesso anno, il 1821, i loro testi più celebri, benché preceduti da pubblicazioni su riviste, uscirono in volume soltanto nel 1857, e finirono entrambi a processo con l’accusa di «oltraggio alla morale publica, alla religione e ai buoni costumi». E ancora, «meandri capricciosi», foreste di simboli decisamente grotteschi, entrambi si trovarono di fronte allo stesso avvocato dell’accusa, il procuratore imperiale della Senna Ernest Pinard, fortemente motivato a dimostrare che queste due opere dalla «pittura lasciva» potevano portare «all’eccitazione dei sensi».

Ma se Flaubert con la sua Madame Bovary verrà assolto nel febbraio del 1857, nel momento in cui il manoscritto dei Fiori veniva consegnato all’editore Poulet-Malassis, al poeta toccherà una sorte diversa; il 20 agosto del 1857 sarà condannato a pagare un’ammenda di 300 franchi e soprattutto si vedrà censurate, delle tredici inizialmente incriminate, sei liriche. Tra il mese di marzo e i primi di giugno Baudelaire corregge le bozze con tutta «la precisione e l’intensità» che metteva in questa operazione, «proporzionale agli sforzi che gli erano costate», racconta il suo amico Charles Asselineau. Il volume, atteso dai letterati e dalla critica, esce a fine giugno, e immediatamente genera una campagna denigratoria soprattutto da parte dei giornali conservatori, che si permettono addirittura di dubitare dello stato mentale dell’autore: «qui l’odioso rasenta l’ignobile, il ripugnante va a braccetto con il fetido», scrive il Figaro.

L’editore ritira le copie dalle librerie; subito due articoli escono in difesa delle poesie, l’uno firmato da Thierry, che parla dei Fiori come di «un Eden dell’inferno», e l’altro da Dulamon, il quale ricorda Baudelaire anche come «eccellente e scrupoloso» traduttore di Poe e afferma che «la constatazione del male non significa la sua criminale approvazione»; tuttavia altri due articoli, magistrali, a sostegno dei Fiori, scritti da d’Aurevilly e Asselineau non potranno comparire. Il primo parla del «talento incontestabile del poeta drammatico», sottolinea la spiritualità e la moralità che si ricava dai suoi «fiori maledetti» e li paragona ai versi di Dante, la cui opera «viene dall’inferno, mentre quella di Baudelaire ci va».

Il 9 luglio del 1857 Charles scrive alla madre: «Fleurs du mal, il titolo dice tutto, è rivestito di una bellezza sinistra e fredda, ed è stato fatto con furore e pazienza. Del resto la prova del suo valore positivo è in tutto il male che se ne dice». Né classico né romantico, questo «spirito tormentato», come lo definisce il moralismo intransigente dell’avvocato dell’accusa, sconcerta i contemporanei per il mélange esplosivo di spleen e idéal, elevazione e caduta; antitesi di cui è riuscito con la sua «architettura segreta» a creare una sublime, grande sintesi nella «voluttà perpetua del mio tormento ordinario», l’Arte.

«Sia moralmente che fisicamente, ho sempre avuto la sensazione dell’abisso»; sensazione mirabilmente espressa in tutte le poesie e nei Petits poèmes en prose, dove troviamo due immagini che forse più di altre racchiudono il poeta stesso e la sua continua tensione oscillante tra slancio e abisso. Si tratta della metafora-poesia dell’albatros e quella del vecchio saltimbanco. Nel primo caso Baudelaire si cela dietro al principe delle nubi che esiliato in terra, fra gli scherni, non può camminare a causa delle sue ali di gigante. Nel secondo il povero saltimbanco, caricatura sarcastica, dolorosa e commovente di se stesso, «derisoria epifania dell’arte e dell’artista» (Starobinski), suscita nell’autore una profonda compassione poiché vi vede riflessa «l’immagine dell’uomo di lettere che è sopravvissuto alla generazione di cui fu il brillante intrattenitore, del vecchio poeta senza amici, senza famiglia, senza figli, degradato dalla miseria e dall’ingratitudine pubblica».

Righe profetiche di colui che, di lì a poco, diventerà anch’egli «un rudere d’uomo» a causa dell’ictus che gli toglierà la parola, e righe che denunciano, malgrado il suo «gusto vivissimo della vita e del piacere», tutta la sua solitudine: «dall’infanzia, nonostante la famiglia e in mezzo ai compagni soprattutto, sentimento di un destino eternamente solitario», confessa in Mon cœur mis à nu.

Dopo il processo e la condanna, che Baudelaire considerò sempre come un «malinteso molto strano» che aveva offeso e mutilato i suoi fiori dal «profumo vertiginoso», il fedele Asselineau, il quale nella biografia postuma ne riscriverà la difesa concludendo con un severo ammonimento a non scoraggiare i poeti («ne avete uno, state attenti a non umiliarlo!»), gli chiese se si aspettasse l’assoluzione. Baudelaire rispose: «Assolto? Mi aspettavo che mi porgessero le loro scuse!».

Non lo fece nessuno. Le poesie censurate verranno reintegrate soltanto nella terza edizione de I fiori del male a cura di Banville e dello stesso Asselineau del 1868, un anno dopo la morte di Baudelaire. Nel 1949, su istanza della “Société des gens des lettres”, la condanna sarà annullata, ma lui non potrà più saperlo.

Non so (o forse non voglio) dire se in questo momento abbiamo un o tanti poeti, uno o tanti scrittori degni di questo nome. So però che abbiamo tanti giornalisti, docenti, editori e autori che cercano tutti i giorni, spesso per cifre vergognose, di fare il loro lavoro-vocazione con onestà e nel rispetto di se stessi e dei lettori.

Per riprendere Asselineau, stiamo attenti a non umiliarli! E a non mettere loro alcun bavaglio. Mettiamo piuttosto a tacere i tanti prezzolati e disonesti. Senza la letteratura e l’informazione libera, di qualunque tipo, il mondo si fermerebbe e la democrazia morirebbe.

 Sono pertanto molto contenta che ci sia stata questa iniziativa americana creata da una “confraternita dell’antibavaglio” contro cerotti e censure, di cui Flaubert e Baudelaire, nonché Zola, Proust, Séverine, Mirbeau (e chiedo scusa se nomino solo gli autori francesi, è un vizio di forma e di passione, ma ce ne sono in ogni epoca e ogni Paese del mondo), avrebbero sicuramente fatto parte.

E chi scrive con loro.

Forse, se mi verranno le parole e le idee giuste, un giorno, oltre a un’associaizone culturale, fonderò “una confraternita dei sognatori”.

Siete invitati.

***

Pubblichiamo qui le note inedite in lingua italiana che Baudelaire ha redatto per il suo avvocato difensore, in cui viene ribadita la questione della libertà dell’artista e viene sottolineato quanto sia ingiusto e ipocrita condannare uno scrittore, un poeta, un «sognatore».

 

L’inedito

Appunti per il mio avvocato

 

Il Libro deve essere giudicato nel suo insieme, solo così se ne può trarre una terribile moralità. […] Potrei fare un’intera biblioteca di libri moderni non incriminati, i quali non respirano, come il mio, L’ORRORE del MALE. Da circa trent’anni la letteratura ha assunto una tale libertà che di colpo si vuole punire in me. È giusto questo?

Ci sono molteplici morali. C’è la morale positiva e pratica alla quale tutti devono obbedire. Ma c’è poi la morale delle arti. Questa è di tutt’altro genere, e dal principio del mondo le Arti lo hanno ben dimostrato.

Ci sono anche molteplici tipi di Libertà. La Libertà per il Genio, e una libertà molto limitata per gli sporcaccioni. […] Preferite il poeta triste o il poeta gaio e sfrontato, l’orrore nel male o il folleggiamento, il rimorso o l’impudenza?

Ripeto che un Libro deve essere valutato nel suo insieme. A una bestemmia opporrò degli slanci verso il Cielo, a un’oscenità dei fiori platonici. Dall’inizio della poesia, tutti i volumi di poesia sono fatti così. Ma era impossibile fare diversamente un libro destinato a rappresentare L’AGITAZIONE dello SPIRITO nel MALE.

[…] Che cos’è questa morale pudibonda, puritana e dispettosa, che mira niente meno che a creare dei cospiratori anche nell’ordine tanto tranquillo dei sognatori?

Questo tipo di morale si spingerebbe fino al punto di dire: ORMAI NON SI FARANNO CHE LIBRI CONSOLATORI E ATTI A DIMOSTRARE CHE L’UOMO È NATO BUONO, E CHE TUTTI GLI UOMINI SONO FELICI – abominevole ipocrisia!

 

Charles Baudelaire, “Notes pour mon avocat”, scritte prima del processo del 20 agosto 1857; in Dossier des Fleurs du mal.

N.d.t. Si è conservata la grafia originale di Baudelaire (corsivi e stampatelli).

 

 

Il corto su informazione e democrazia, a cura di Mario Molinari e Chiara Pasetti con l’adesione di Achille Lauro, a cui hanno partecipato molti giornalisti, è visibile qui:

È UNA GIUNGLA:  https://youtu.be/9vSBGljw__I

J. K. Rowling, una dei tanti firmatari dell'appello contro l'intolleranza e la censura

Chiara Pasetti

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