Cultura21 agosto 2021 09:39

L’ennesima occasione di rinascere

Una rassegna che non è - ancora - ripartita (di Chiara Pasetti)

Piazza Libeccio prima di Luce bianca (foto Deborah Riccelli)

Piazza Libeccio prima di Luce bianca (foto Deborah Riccelli)

Quando ieri google foto e facebook mi hanno riproposto i ricordi di due anni fa, ossia le foto della lettura teatrale Luce bianca dedicata alla poetessa Antonia Pozzi, confesso che una profonda malinconia mi ha avvinto per tutto il giorno.

Quella era stata l’ultima data della rassegna di teatro e musica a Varigotti del 2019, in piazza Libeccio (con una delle quattro serate in Piazza del Molo per un concerto).

Ho ripensato a quanti sforzi avevo fatto, nel 2017-2018, per mettere in piedi la prima rassegna di teatro, a quanti amici avevano riempito la piazzetta in quelle occasioni, alle serate sul mio terrazzo o al molo dopo gli spettacoli (perché si sa, a Varigotti dopo le 23 non trovi più da mangiare!), alle locandine in giro per il paese che ogni tanto, dopo le nottate di vento forte, andavo a controllare che non si fossero staccate ed eventualmente le rimettevo.

Ho pensato che se lo scorso anno la rassegna mi era mancata ma avevo considerato giusto non poter organizzare nulla a causa dell’emergenza (non c’erano ancora i vaccini, la situazione era più incerta di ora e la piazzetta Libeccio è molto piccola per consentire un adeguato distanziamento, oltre al fatto che tutte le pratiche di sanificazione, controllo ecc. erano a carico della mia associazione culturale), e avevo considerato quella pausa forzata un modo per tornare, l’anno successivo, con più idee, magari più fondi per gli spettacoli in programma e più slancio di prima, quest’anno sento l’assenza di questo appuntamento come una sorta di amputazione e mi manca davvero l’emozione di quelle splendide serate di cultura, arte, risate, commozione e condivisione in riva al mare.

Tante sono le incongruenze di quest’anno; perché alcuni eventi sì e altri no? Perché il Comune ha scelto di privilegiare alcune piazze e cancellarne nuovamente altre? Queste domande si aggiungono alle mille che giornalmente mi pongo e che girano intorno alla pandemia, la quale pare non volerci ancora lasciare. Eppure molti settori sono ripartiti, altri stentano, altri hanno chiuso forse per sempre.

Un’amica mi scrive, a seguito della condivisione del mio ricordo di due anni fa: è ora di preparare nuovi ricordi per il futuro… Siamo sicuri che ci saranno? Nel caso specifico, il prossimo anno il Comune di Finale Ligure rinnoverà il suo impegno e la sua fiducia nei confronti di una rassegna, nata come sfida, che ha sempre portato tantissimo pubblico in una piazzetta dal sapore magico, offrendo agli spettatori eventi di qualità e ospitando attori e attrici, musicisti e cantautrici di grande livello? Non lo so, sinceramente. Il covid ha reso tutto più complicato e se tante realtà sono per fortuna e finalmente ripartite, altre sono ancora ferme. Come la mia rassegna, appunto.

La mia lettura teatrale, interpretata da Lisa Galantini per la regia di Alberto Giusta, avrebbe dovuto debuttare nell’ottobre del 2020 sotto forma di spettacolo vero e proprio. Ma c’è stato il covid… La data è slittata alla primavera del 2021, e come sappiamo i teatri erano ancora chiusi. Si parlava di ottobre di quest’anno, ma per impegni di attrice e regista, legati sempre alla pandemia (riprese di spettacoli che erano rimasti bloccati per la stessa) probabilmente per il momento non debutterà. Forse, lo spero, accadrà nell’estate del prossimo anno.

Chi pensa al drammaturgo, ossia a chi gli spettacoli li scrive, senza le cui parole gli spettacoli stessi non ci sarebbero? Tocchiamo un tasto tanto delicato quanto difficile, perché a meno di essere Yasmina Reza, Will Eno, i grandi nomi del teatro e della scrittura insomma, i drammaturghi contemporanei, a differenza degli attori, dei registi, dei tecnici, e di tutti coloro che lavorano nel mondo dello spettacolo non sono considerati. Pare che lo spettacolo vada in scena solo grazie ad altre figure, mentre sarebbe bene non dimenticare che senza le parole di chi scrive lo spettacolo non ci sarebbe proprio. E questo vale in questo campo come in quello del giornalismo, dell’editoria, della cultura in generale. Chi pensa allo scrittore? Chi durante la pandemia ha previsto un aiuto per i tantissimi free lance, che scrivono appunto per il cinema, il teatro, la radio, i giornali, e non sono sotto contratto? Nessuno. A Conte prima e a Draghi ora chi scrive di Antonia Pozzi, o una stand up, o un libro che poi va presentato per venderne le copie, o un dramma radiofonico, non suscita particolare attenzione e pre-occupazione… Ma chi scrive non interessa neppure agli enti che il lavoro lo avevano scelto, si erano impegnati a produrlo, vi avrebbero investito del denaro, e dico questo perché se una data salta di un anno o due, salta anche il relativo compenso concordato.

Queste e altre riflessioni affollano la mia mente da ieri, quando Lisa-Antonia Pozzi mi è comparsa nelle foto dei ricordi e sono ripassata da piazza Libeccio «con uno strano stringimento al cuore» (Flaubert). E ripenso allora a lei, alla poetessa e fotografa morta suicida a soli ventisei anni, che in vita non ebbe alcun riconoscimento per i suoi versi e non li pubblicò (sono tutti postumi).

Penso al suggerimento che le diede il suo docente, il professor Banfi, dopo che lei aveva finalmente vinto il suo pudore e gli aveva consegnato una sua raccolta, struggente, di liriche: «signorina, scriva meno». Immagino come deve essersi sentita e rifletto.

Ecco, forse dovrei ascoltare questo consiglio, magari ci sarebbero meno cose che si accumulano nel mio computer e che forse non vedranno mai la luce, e meno sogni infranti…

Antonia non lo ascoltò. Ma oppressa da una «disperazione mortale», si tolse la vita a ventisei anni.

Spero il prossimo anno di poter annunciare che la rassegna di teatro e musica a Varigotti non si è fermata per sempre, che non è “una porta che si è chiusa”, parafrasando Antonia. 

Spero ci sia, per tutti, in ogni campo, come scrivo nel testo che segue “l’ennesima occasione di rinascere”.

Luce bianca, quando debutterà, avrà il titolo di Io, bambina sola: lo stesso di una lirica di Antonia. Se ne riporta qui un estratto, inedito (che contiene alcuni luminosi e stregati versi di Antonia):

Il professor Banfi mi aveva messo in guardia. Non ho saputo dargli retta. Quando gli ho consegnato i miei orribili versi, mi ha detto senza esitazione: signorina, si calmi, scriva meno… E aveva ragione! Che diritto avevo, io, accozzaglia sommessa di inquietudini, sonnolenza e febbre, biascicato rosario di abitudini, rimescolio di nostalgie sbavate, di mostrare a uno dei più illustri filosofi italiani i miei stupidi scritti? Non sono degna di niente. Di scrivere, di amare, di essere amata. Di vivere.

Sono sempre stata in riva alla vita a osservare il tempo, l’amore, la giovinezza, l’ingegno, la bellezza che passavano, sfilavano, si allontanavano da me senza che riuscissi ad afferrarli.

Ed io sosto

pensandomi ferma stasera

in riva alla vita

come un cespo di giunchi

che tremi

presso un’acqua in cammino.

Sento il suono dell’acqua. Il grido dell’acqua, prima di cadere. Il richiamo pietoso dell’ombra.

Stanca, logora, scossa,
come il pilastro d’un cancello angusto
al limitare d’un immenso cortile;
come un vecchio pilastro
che per tutta la vita
sia stato diga all’irruente fuga
d’una folla rinchiusa.
Oh, le parole prigioniere
che battono battono
furiosamente
alla porta dell’anima
e la porta dell’anima
che a palmo a palmo
spietatamente
si chiude!
Ed ogni giorno il varco si stringe
ed ogni giorno l’assalto è più duro.
E l’ultimo giorno
– io lo so –
l’ultimo giorno
quando un’unica lama di luce
pioverà dall’estremo spiraglio
dentro la tenebra,
allora sarà l’onda mostruosa,
l’urto tremendo,
l’urlo mortale
delle parole non nate
verso l’ultimo sogno di sole.
E poi,
dietro la porta per sempre chiusa,
sarà la notte intera,
la frescura,
il silenzio.
E poi,
con le labbra serrate,
con gli occhi aperti
sull’arcano cielo dell’ombra,
sarà
– tu lo sai –
la pace.

Sei anni fa. La porta che si chiude, è il titolo di questa poesia. E invece anche quella volta ho sperato che la porta non fosse del tutto chiusa, che ci fosse uno spiraglio, un barlume, l’ennesima occasione di rinascere…


Lisa Galantini in scena (foto Cinzia Bellenda)

Chiara Pasetti

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