News14 gennaio 2022 17:55

Peste suina: boschi in lockdown

Dopo l’ordinanza del Ministero della Salute, il PD chiede ristori anche per le imprese legate all’outdoor e la Regione scrive a Draghi. Ma volpi e lupi non rispettano le ordinanze

Peste suina: boschi in lockdown

“La situazione sta peggiorando di giorno in giorno. Paesi nei quali esportavamo carne suina hanno già iniziato a bloccare precauzionalmente esportazioni di salumi e carne. Reputo necessario agire con la massima tempestività ed efficacia per salvaguardare gli allevamenti e la filiera. Per questo ho presentato un’interrogazione alla Giunta che verrà discussa nel prossimo consiglio proprio per chiedere quali siano le risposte che vuole mettere in campo per arginare questo problema”, così il consigliere regionale del partito Democratico Armando Sanna.

“Dopo l’ordinanza del Ministero - aggiunge - oltre a proporre soluzioni finanziarie di sostegno ad allevamenti e imprese che lavorano la carne suina, dovremo pensare, da subito, a ristori per le imprese legate all’outdoor. Se la sospensione dell’attività outdoor durerà per sei mesi, sarà un danno per la stagione turistica dell’entroterra, che inizia solitamente ad aprile, che si ripercuoterà anche su tutte le attività collegate”.

Regione Liguria ha inviato una lettera al Presidente del Consiglio Mario Draghi e ai ministri della Salute Roberto Speranza e delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali Stefano Patuanelli a seguito dell’ordinanza emanata dal governo con l’individuazione di una ‘zona rossa’ tra le province di Savona e Genova in cui sono vietate per sei mesi le attività venatorie e le altre attività all’aperto allo scopo di arginare la diffusione della peste suina.
La richiesta, attivare velocemente un tavolo permanente di monitoraggio coinvolgendo anche le altre Regioni interessate per elaborare le prime stime dei mancati redditi derivanti dal blocco delle attività e predisporre tempestivi e opportuni sostegni per tutti i settori delle economie locali interessati dal provvedimento e investiti da questo grave fenomeno.

“La stima - afferma l’assessore regionale a caccia e agricoltura Alessandro Piana - è che nell’area ligure prevista dall’ordinanza, in cui ricadono 36 Comuni, ci sia una comunità di almeno 15-20mila cinghiali. Fortunatamente la Peste suina non è in alcun modo pericolosa per l’uomo o per altre specie animali ma l’uomo può essere inconsapevolmente il vettore principale di diffusione del virus attraverso scarponi o vestiti che sono il primo veicolo di contagio. Per questo che in caso di contatto accertato dalle autorità preposte sono messe in atto accurate misure di disinfezione e sanificazione”.
“La perimetrazione attuale della zona rossa – aggiunge Piana - è di natura precauzionale: non appena possibile avvieremo un attento monitoraggio delle zone interessate, partendo dal perimetro esterno e procedendo verso l’interno, coinvolgendo le forze dell’ordine, la protezione civile e anche i cacciatori per valutare, se non verranno trovate carcasse di cinghiali infette, una riduzione dell’area oggetto dei divieti e successivamente procedere con gli abbattimenti selettivi”.
“È indispensabile che sia attivato quanto prima un meccanismo di ristori per tutte le attività ricettive che hanno sede nell’area interdetta – afferma l’assessore al Turismo Gianni Berrino - e che soprattutto in questo periodo, con l’allungarsi delle giornate e andando incontro alla primavera, vivono dei turisti che praticano attività outdoor come l’escursionismo o la mountain bike. Dobbiamo evitare in ogni modo che questo provvedimento determini danni irreparabili per i paesi del nostro entroterra, in una regione che, grazie al clima e ad un ambiente stretto tra le montagne e il mare, è caratterizzata da un turismo attrattivo tutto l’anno grazie proprio a questo genere di attività all’aria aperta”.
“L’entroterra non è solo una risorsa da difendere – sottolinea l’assessore regionale allo Sviluppo economico Andrea Benveduti – ma anche un’opportunità di sviluppo sostenibile per la nostra regione. Il lockdown di sei mesi nei boschi, per limitare il diffondersi del virus suino, impatterà inevitabilmente sulla nostra economia, causando un contraccolpo finanziario pesante. Per questo è fondamentale che il governo intervenga tempestivamente per ristorare adeguatamente le attività coinvolte da tali disposizioni, già duramente colpite dagli effetti devastanti dell’emergenza pandemica. Sarebbe inammissibile – conclude - compensare un’ordinanza del genere con le scarse risorse viste in passato”.

Anche il Parco del Beigua prende posizione:

"L'ordinanza sulla peste suina rischia di essere per le attività legate al turismo outdoor del comprensorio e del Parco del Beigua il terzo lockdown in tre anni. Il rischio è veramente il collasso.

Il virus ormai è presente, applicheremo e rispetteremo l'ordinanza, ma è un "pannicello caldo".

Gli animali selvatici (volpi, tassi, lupi, corvi) si spostano, soprattutto i lupi che possono percorrere centinaia di chilometri dopo aver mangiato una carcassa. Molti altri animali selvatici entrano a contatto con il virus e anche loro possono trasportarlo.

Quindi, anche senza la presenza dell'uomo nei boschi, il virus è destinato ad espandersi. Anzi forse lo farà in maniera ancor più incontrollata, venendo a mancare quel controllo che i fruitori dei boschi fanno, a integrazione di quello istituzionale, poiché Carabinieri Forestali e Servizi veterinari sono altamente sotto organico e non riescono a trovare tempestivamente le carcasse.

L'azione più efficace da mettere in campo è aumentare il livello di sicurezza negli allevamenti. Ci sono trentamila persone che lavorano nel comparto suinicolo in Lombardia ed Emilia e vanno tutelate perché rappresentano un'importante fetta di PIL in Italia. Di questa tutela però non devono pagarne il prezzo le professioni, le attività e le aziende legate al turismo di questo territorio, perché la Liguria non è solo mare e c'è, grazie a Dio, chi vive di turismo anche nell'entroterra.

Come detto, rispettiamo l'ordinanza, ma riteniamo che non sortirà gli effetti sperati, perché volpi e lupi non rispettano le ordinanze e i boschi abbandonati dal monitoraggio dell'uomo rischiano di prolungare e allargare l'emergenza.

Servono grandi indennizzi, non elemosine, per tutte le professioni e le attività dell'entroterra che vivono direttamente o indirettamente di turismo, servono investimenti su questo territorio, perché un anno (difficilmente l'emergenza si esaurirà in sei mesi) senza poter fare manutenzione sui sentieri rischia di farceli perdere tutti. Servono veterinari e Carabinieri forestali, di cui c'è carenza, per monitorare con competenza il territorio. Serve tutto il volontariato, adeguatamente formato, per collaborare con Carabinieri e Servizi veterinari nelle attività di monitoraggio, tanto più ora che il sistema sanitario è sotto pressione per il COVID-19.

Il territorio del Beigua è il nostro patrimonio turistico, la nostra ricchezza: privarcene significa abbandonarci definitivamente alla marginalità. Già siamo estremamente carenti e dimenticati per servizi scolastici, di trasporto; non parliamo poi della sanità e le infrastrutture stradali sono in pessimo stato. Se i nostri punti di forza ci vengono sottratti siamo veramente persi.

Auspichiamo dunque, come previsto dall'ordinanza, che si possa arrivare alla definizione di una autorizzazione in deroga per la pratica delle attività legate al turismo outdoor e per la manutenzione del territorio, concordando le modalità necessarie per minimizzare il rischi di diffusione del virus e al contempo beneficiando di un monitoraggio accurato del territorio, al momento assente."

red

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