Cose Belle07 dicembre 2020 17:25

È una commedia

Il video di novembre del progetto “aspetto la fine” (di Chiara Pasetti)

disegno di una studentessa di Lanciano

disegno di una studentessa di Lanciano

Ah! godetevi la giovinezza finché l’avrete. Non sprecate l’oro dei vostri giorni a ascoltare i noiosi, cercando di migliorare un fallimento inevitabile, o gettando la vostra vita agli ignoranti, agli ordinari, ai volgari. Questi sono i traguardi malsani, i falsi ideali della nostra epoca. Vivete! Vivete la vita meravigliosa che è in voi! Niente di voi vada perduto. Siate sempre alla ricerca di nuove sensazioni. Non abbiate paura di niente…

Oscar Wilde (16 ottobre 1854 – 30 novembre 1900) 

Una studentessa della classe 4 C del Liceo Artistico di Lanciano, che ha aderito al progetto, ha scelto questa frase di Oscar Wilde per il suo contributo al video di novembre del progetto “aspetto la fine”.

Una frase che non abbiamo potuto inserire (risultava poco leggibile); la riportiamo qui perché non solo omaggia lo scrittore, poeta, drammaturgo e giornalista irlandese scomparso il 30 novembre del 1900, ricordato dai gemelli Borghesio con un brano scelto da loro stessi tratto da The Ballad of The Reading Gaol, ma perché queste parole, lette nel momento che stiamo attraversando, suonano grottesche, stonate.

I giovani non possono godere da mesi della giovinezza e della bellezza della loro età a causa dell’emergenza sanitaria; soprattutto, non possono (di nuovo) godere della scuola in presenza, che è socialità, formazione, amicizie e amori, rapporto con gli insegnanti, passione e molto altro.

Dal mese di novembre le scuole superiori sono tornate alla didattica a distanza a causa del rialzo (previsto e prevedibile) dei contagi.

Hanno vissuto un breve periodo di didattica alternata (metà classe a casa, l’altra metà a scuola, a rotazione) per poi tornare tutti, come a marzo, davanti agli schermi.

E se durante il primo lockdown il virus era del tutto sconosciuto e la “dad” è stata l’unica soluzione possibile per garantire la continuità didattica e terminare l’anno scolastico, come giustamente sottolinea Gabriele Macrì, studente universitario di Medicina, dopo l’estate qualcosa per evitare il ripristino totale della “dad” si poteva fare. E si può fare.

Giacomo, quindicenne di Asti, prende la parola e coraggiosamente denuncia la sua rabbia e la sua opposizione nei confronti delle scelte compiute dal governo, nonché la difficoltà di passare ore e ore davanti a un computer; la scuola, specialmente in una situazione estrema come questa, non può essere un dispenser di voti e nozioni ma un luogo di sostegno, anche, di contenimento e scambio, seppur virtuale, uno spazio in cui discutere di ciò che sta avvenendo e tutelare i soggetti più fragili.

I docenti faticano anch’essi, sono sottoposti a un enorme carico di stress, molte più ore di lavoro rispetto alla didattica in presenza e hanno, in generale, il timore di far perdere ai propri ragazzi parti importanti del programma (è poi così fondamentale, in questo momento, rispettare tutto il programma, quando intorno a loro e a noi tutto sta crollando?! Non è meglio magari re-inventare i programmi, un modo di “fare scuola” più adatto al momento contingente e futuro?...).

I dirigenti sono alle prese con mille richieste da parte dei docenti stessi, dei genitori degli alunni, degli alunni.

La situazione è dura, nessuno lo nega; del resto lo è, moltissimo, in ogni ambito.

Ma serve coraggio: talvolta “rovesciare i valori”, sovvertire gli schemi può essere l’unica soluzione possibile, e quando la barca (in questo caso la scuola) sta affondando, se nessuno prende il timone qualcuno a un certo punto deve assumersi il rischio di farlo.

Inventare, provare, proporre, sperimentare, protestare, dialogare, suggerire; studiare nuovi metodi di insegnamento, non trattare i ragazzi come dei robot da testare secondo logiche che già nella normalità, probabilmente, andrebbero riviste, figuriamoci ora… Ci sembrano le uniche vie per uscire da una situazione di stallo (e scoramento, apatia, sconforto degli studenti e dei docenti stessi, abbandono degli studi, se non patologie vere e proprie) che potrebbe durare ancora mesi, e lasciare segni indelebili sulla psiche dei ragazzi.

Daniel Pennac, studente decisamente mediocre e svogliato, nel 2007 ha raccontato le sue traversie scolastiche nel romanzo autobiografico Diario di scuola, di cui il giovanissimo Pietro (bravissimo, il brano ero tutt’altro che semplice!), studente di terza media presso la scuola Andrea Ansaldo di Mele (Genova), ha letto le pagine iniziali.

In questo corto abbiamo voluto raccontare un po’ della tristezza dei giovani attraverso le libere interpretazioni degli studenti che partecipano al progetto: video, foto, citazioni, e molto altro.

Legandosi anche all’autunno, «questa triste stagione che si addice ai ricordi», come scrive un giovane Gustave Flaubert nel racconto del 1842 intitolato proprio come il mese appena trascorso, Novembre, i ragazzi dell’Istituto ACOF di Bergamo, futuri parrucchieri, hanno creato trucchi e acconciature a tema, e uno di loro ha voluto mostrare che cosa non gli manca della vita prima del covid (razzismo, violenza, e molto altro) e ciò che invece rimpiange di non poter vivere ora (amicizie, feste, momenti di incontro e allegria).

Gli studenti del Liceo Artistico di Lanciano hanno disegnato, realizzato video, espresso in una frase o in un’immagine le loro emozioni.

Una ragazza ha scelto un frammento dal film La ricerca della felicità, con Will Smith. Non è stato inserito ma lo citiamo perché la scena è dolcissima e drammatica al contempo: un padre disoccupato e disperato, per cercare di rendere meno terribile al figlio il fatto di essere costretti a dormire in una toilette di una stazione, per terra, gli racconta di essere in un mondo popolato da dinosauri e di dover trovare rifugio in una caverna, ossia lo squallido bagno pubblico, in cui si chiude a chiave con il bambino per trascorrere la notte.

Una scena che illustra il potere dell’immaginazione e dei sogni, dell’amore tra genitori e figli, e della capacità di resistere anche in una situazione estrema, di miseria e degrado.

 «Niente è per sempre, quindi neanche la sofferenza e il dolore, prima o poi passa e si guarisce», è la frase di Iram Yasmin inviata da una studentessa.

 

Ancora una volta l’abilità della regia ha saputo creare, con tutti i contributi arrivati, un mix poetico e inedito, che rimanda al titolo scelto “È una commedia” (come sempre è una frase della canzone di Achille Lauro contenuta nel corto).

La canzone di Lauro qui è Blu, interpretata insieme agli Eiffel 65, omaggio alla dance anni ’90 e, in inglese, un modo per indicare la tristezza: “I’m blue”. È inserita nell’album 1990 uscito di recente.

Stupenda la citazione di Wilde da De Profundis scelta da una studentessa di Lanciano, che (forse) riassume il senso di questo corto, e delle emozioni di molti, giovani e adulti:

 

Tutto nella mia tragedia è stato orribile, mediocre, repellente, senza stile. Il nostro stesso abito ci rende grotteschi. Noi siamo i pagliacci del dolore. Siamo i clown dal cuore spezzato.

 

Tragedia e commedia sono la vita stessa.

Talvolta si ride, spesso si piange.

Speriamo che i dinosauri-mostri-virus (reali e fantasmatizzati) da cui tutti noi ci sentiamo accerchiati spariscano in fretta.

Lasciando meno orme possibili, fuori e dentro di noi.

 

 

 

È UNA COMMEDIA

di Chiara Pasetti e Mario Molinari con l’adesione di Achille Lauro

Playlist dei corti precedenti

“Aspetto la fine”: https://www.youtube.com/playlist?list=PLfUc9aPeRqz4cNo4oBnAQ6m1Y8OCQtwrO

 

 

Un articolo di Giovanna Servettaz sugli adolescenti:

https://www.lanuovasavona.it/2020/12/05/leggi-notizia/argomenti/news-1/articolo/covid-19-effetti-collaterali-sugli-adolescenti-report-da-un-reparto-psichiatrico.html

 

 

Chiara Pasetti

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