La surreale vicenda del teatro cittadino può essere un esaustivo riassunto dei lunghi anni dell’amministrazione Caprioglio, che si condensano in una frase: “non ci sono i soldi per colpa di quelli di prima”
La città è lurida?
Non ci sono i soldi, colpa di quelli di prima.
I servizi sociali languono?
Non ci sono i soldi, colpa di quelli di prima.
Non ci sono i soldi per far nulla, insomma.
Chiudiamo Savona e tiriamo su un monumentino a Silvano.
Forse però non sono solo le risorse monetarie a essere carenti: della Savona “da mettere a scaffale” non è rimasto neppure lo scaffale.
Mancano le competenze, mancano capacità e volontà di programmazione, manca l’iniziativa.
Il mondo della cultura, terribilmente colpito dalle conseguenze dell’emergenza sanitaria, risente di una gravissima crisi in tutto il paese: ma a Savona va un po’ peggio.
Alla accorata lettera - firmata da una sessantina dei più noti esponenti di quel mondo - sulla sorte del Teatro Chiabrera è stato risposto che risorse non ce ne sono, e se a qualcuno non sta bene metta mano al portafoglio.
Eppure non si chiedeva la luna, in quella lettera: si chiedeva solo di tener separata la direzione artistica del Teatro da quella amministrativa.
Nessuno dubita dell’utilità dei ragionieri, ma la cultura non vive solo di conticini, e se fosse gestita con un po’ di criterio potrebbe essere un volano economico importante per una città in cui la crisi è anche di idee e di identità.
Il compositore Federico De Caroli, in arte Deca, è uno dei firmatari di quella lettera.
Uomo di cultura a tutto tondo (le sue attività spaziano dalla musica alla scrittura ed è stato direttore artistico del Teatro Sacco), ci spiega la sua posizione, perché il teatro appartiene alla città: