News03 novembre 2019 17:38

Porti, 'ndrangheta e cocaina

La crisi, la ‘ndrangheta, la droga: il porto di Genova secondo l'Antimafia è tra i più infiltrati dalle cosche, e Vado Ligure rischia (seriamente) di diventare terra di nessuno e "farina" del loro sacco

Porti, 'ndrangheta e cocaina

Un servizio sullo scalo genovese, apparso sul Decimonono di oggi, racconta come le ’ndrine approfittino di un territorio economicamente indebolito per creare società di spedizioni molto mirate: soprattutto cocaina ma anche hashish, e un’organizzazione criminale con molti infiltrati che funziona con la precisione di un orologio svizzero. 

All’inizio di ottobre il Sindacato Appartenenti Polizia aveva chiarito come - incredibilmente - a poche settimane dall’arrivo della prima nave sulla piattaforma Maersk di Vado Ligure, la Polizia non avesse ancora notizia di un rafforzamento dell’organico e neppure di un ufficio dedicato

Non uno stanzino.

Leggiamo ora cosa pensa del porto di Genova il numero uno dell’Antimafia Federico Cafiero De Raho, senza dimenticare che c’è un’unica “autorità" alla guida del porto di Genova e di quello di Savona-Vado.

Scrive Tommaso Fregatti: che il porto di Genova sia «tra i più infiltrati dalla ’ndrangheta» lo mette nero su bianco il procuratore nazionale antimafia De Raho, in un report finito all’Antimafia di Genova e in particolare al PM Federico Manotti

De Raho, si legge, dichiara che «le cosche calabresi a Genova possono contare sulla complicità di addetti alle banchine, come avviene a Gioia Tauro». 

Secondo De Raho esiste a Genova una «struttura servente composta da operatori portuali, spedizionieri e criminali comuni», col compito di assistere i carichi di droga dall’arrivo in banchina nei terminal fino alla consegna ai committenti calabresi. Nel documento, di cui si è discusso nelle scorse settimane durante un comitato urgente per l’ordine e la sicurezza in Prefettura, viene evidenziato come la ’ndrangheta a Genova abbia «costruito una fitta rete di rapporti sia con i controllori ai varchi portuali, sia con le maestranze». 

«Le cosche - insiste De Raho nella relazione - creano occasioni d’illecito arricchimento in un territorio ancora attanagliato da una grave crisi economica e sociale. E in tale contesto di continua circolazione del denaro si è registrato, sempre più frequentemente, il coinvolgimento dei lavoratori portuali locali, fino a pochi anni fa vero e proprio argine al degrado». 

Una percentuale ovviamente ridotta, se rapportata al corpo complessivo dei lavoratori. Ed ecco perché anche agli occhi del magistrato chi ha deragliato ha «tradito» un patto. Le dichiarazioni di De Raho sono supportate da un pentito, che ha di recente confermato come le cosche abbiano costituito «una società di spedizione ad hoc» . 

LNS

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